venerdì 29 giugno 2007

Per una chiesa sempre più moderna

All’insegna della novità e della modernizzazione, torna la messa in latino. Quella antica, medievale, spalle ai fedeli, per intenderci.
Fedeli che saranno entusiasti, deduco, rincuorati da questa scelta di Papa Benedetto XVI che in una società sempre più secolarizzata, (l’ultima volta che sono entrato in chiesa l’età media delle persone sedute era intorno ai 65 anni, fate un po’ voi), con la religione che è distante anni luce dai bisogni e da ciò che provano e vivono i giovani delle nuove generazioni, autorizza la pubblicazione di un “Motu Proprio” che permette a qualsiasi gruppo stabile di fedeli a chiedere al proprio parroco una bella messa in una lingua ormai sconosciuta a chiunque. A parte il fatto che non riusciamo a capire quale gruppo di fedeli debba chiedere un simile trattamento, e cosa si intenda per “gruppo stabile”, restiamo perplessi. Sul serio.
Le motivazioni? Sfuggono. L’utilità di questa decisione? Credo nessuna. Ritorno in immagine, grado di modernizzazione percepibile? Pari a zero.
Forse sbaglio io, sicuramente sbaglio io che con la fede e le chiese in genere ho sempre avuto un pessimo rapporto. Ma in una società in cui la religione cristiana ha perso seriamente più di un’occasione per mostrarsi aperta, chiara, accessibile, vicino ai fedeli, questa del rito in latino mi sembra una soluzione anacronistica e incomprensibile.
Alla faccia della Riforma luterana e della reale voglia di avvicinare la chiesa ai fedeli. Quale la prossima novità? La vendita delle indulgenze?
Un altro serio passo indietro, questo, fatto da Ratzinger, papa conservatore che finora non mi pare abbia compiuto una, e dico una sola scelta saggia per rifondare o adeguare ai tempi la chiesa cristiana.
Ed io già me li immagino, i fedeli, che al “Deo Gratias” finale si grattano la testa, perplessi, non capiscono se la messa è finita oppure no, e attendono un cenno del prete con la testa che faccia guadagnare loro la porta.

Per una chiesa sempre più moderna

All’insegna della novità e della modernizzazione, torna la messa in latino. Quella antica, medievale, spalle ai fedeli, per intenderci.
Fedeli che saranno entusiasti, deduco, rincuorati da questa scelta di Papa Benedetto XVI che in una società sempre più secolarizzata, (l’ultima volta che sono entrato in chiesa l’età media delle persone sedute era intorno ai 65 anni, fate un po’ voi), con la religione che è distante anni luce dai bisogni e da ciò che provano e vivono i giovani delle nuove generazioni, autorizza la pubblicazione di un “Motu Proprio” che permette a qualsiasi gruppo stabile di fedeli a chiedere al proprio parroco una bella messa in una lingua ormai sconosciuta a chiunque. A parte il fatto che non riusciamo a capire quale gruppo di fedeli debba chiedere un simile trattamento, e cosa si intenda per “gruppo stabile”, restiamo perplessi. Sul serio.
Le motivazioni? Sfuggono. L’utilità di questa decisione? Credo nessuna. Ritorno in immagine, grado di modernizzazione percepibile? Pari a zero.
Forse sbaglio io, sicuramente sbaglio io che con la fede e le chiese in genere ho sempre avuto un pessimo rapporto. Ma in una società in cui la religione cristiana ha perso seriamente più di un’occasione per mostrarsi aperta, chiara, accessibile, vicino ai fedeli, questa del rito in latino mi sembra una soluzione anacronistica e incomprensibile.
Alla faccia della Riforma luterana e della reale voglia di avvicinare la chiesa ai fedeli. Quale la prossima novità? La vendita delle indulgenze?
Un altro serio passo indietro, questo, fatto da Ratzinger, papa conservatore che finora non mi pare abbia compiuto una, e dico una sola scelta saggia per rifondare o adeguare ai tempi la chiesa cristiana.
Ed io già me li immagino, i fedeli, che al “Deo Gratias” finale si grattano la testa, perplessi, non capiscono se la messa è finita oppure no, e attendono un cenno del prete con la testa che faccia guadagnare loro la porta.

martedì 26 giugno 2007

Il giornalismo è morto?

Purtroppo oggi non ho avuto tempo, per un motivo o per un altro, ma questa cosa volevo proprio scriverla, anche se in modo essenziale. Qui forse lancio solo qualche spunto, per ora. Poi ne riparliamo con maggiori argomentazioni.
Il punto è questo: sono almeno 4 anni che compro il giornale quasi tutti i giorni. Se non sono tutti i giorni, sono almeno 4 alla settimana, e per i restanti saltello tra i vari siti web delle principali testate nazionali. Con grande insoddisfazione, purtroppo.
Il fatto è che ormai il giornalismo italiano vive di marchette. Più o meno grosse, ma sempre di marchette si tratta. Dite che è sempre andata così? Se sì, chiedo scusa ma me ne rendo conto a pieno solo ora.
E pensare che, ad esempio, su la Repubblica di oggi c’era anche una bella inchiesta, di Bolzoni e Viviano, sugli usurai di Trastevere, e un interessante ma lunghissimo pezzo di Pamuk su Dostoevskij. Ma, a parte questo, poco altro: 70 e passa pagine di carta straccia, e poi mi meraviglio se ogni mattina quell’euro preferirei spenderlo in gomme da masticare più che in un giornale, qualsiasi esso sia.
Oggi di marchette, sempre su la Repubblica, ce n’erano parecchie, soprattutto nella cronaca Campana, dove un enorme pezzo dai titoloni a tutta pagina era dedicato ad alcuni hotel napoletani, alle loro piscine, alle loro offerte. Ma stiamo scherzando?
Sugli altri articoli, stenderei un velo, che è meglio. Molto spesso sono frottole, se si tratta poi di pseudoinchieste sulle nuove generazioni o il mondo di internet, poi, si vede lontano un miglio che molto spesso chi scrive non sa lontanamente di cosa parla.
Se poi non sono marchette, sono notizie inutili e prive di spessore, pezzi scritti in malo modo, noiosi, per nulla accattivanti. Inoltre, c’è un’ipertrofia della politica che caratterizza molti quotidiani e che, alla lunga, è devastante.
Non ci sono inchieste, ma questo si lega molto alla mancanza di tempo e alla poca voglia di investire nel campo, e al fatto che molti giornalisti hanno perso la passione. A che pro, poi, se il tuo giornale vende e continua a vendere pure così?
La cultura, forse, vive di buoni momenti, almeno su la Repubblica. Sul Corriere un po’ meno, sugli altri giornali non mi pare ci sia nulla di eccelso.
Ma dove sta il problema? Me lo pongo solo io? Perché i nostri giornali sono così brutti e poco interessanti, perché in Italia si vendono le stesse copie di quotidiani che si vendevano 30 anni fa?
Forse un problema c’è, forse anche più di uno, e pensare che non ho nemmeno messo a cuocere altra carne sul fuoco, come ad esempio i collaboratori supersfruttati e sottopagati – se pagati -, gli interessi economici alla base di ogni testata, le commistioni con la politica e l’economia, il potere degli inserzionisti e la mancanza di editori puri, male incurabile della stampa nel nostro paese.
Domani credo che, pensando all’agonia del nostro giornalismo, quell’euro lo conserverò: se non saranno gomme sarà un altro caffè.

Il giornalismo è morto?

Purtroppo oggi non ho avuto tempo, per un motivo o per un altro, ma questa cosa volevo proprio scriverla, anche se in modo essenziale. Qui forse lancio solo qualche spunto, per ora. Poi ne riparliamo con maggiori argomentazioni.
Il punto è questo: sono almeno 4 anni che compro il giornale quasi tutti i giorni. Se non sono tutti i giorni, sono almeno 4 alla settimana, e per i restanti saltello tra i vari siti web delle principali testate nazionali. Con grande insoddisfazione, purtroppo.
Il fatto è che ormai il giornalismo italiano vive di marchette. Più o meno grosse, ma sempre di marchette si tratta. Dite che è sempre andata così? Se sì, chiedo scusa ma me ne rendo conto a pieno solo ora.
E pensare che, ad esempio, su la Repubblica di oggi c’era anche una bella inchiesta, di Bolzoni e Viviano, sugli usurai di Trastevere, e un interessante ma lunghissimo pezzo di Pamuk su Dostoevskij. Ma, a parte questo, poco altro: 70 e passa pagine di carta straccia, e poi mi meraviglio se ogni mattina quell’euro preferirei spenderlo in gomme da masticare più che in un giornale, qualsiasi esso sia.
Oggi di marchette, sempre su la Repubblica, ce n’erano parecchie, soprattutto nella cronaca Campana, dove un enorme pezzo dai titoloni a tutta pagina era dedicato ad alcuni hotel napoletani, alle loro piscine, alle loro offerte. Ma stiamo scherzando?
Sugli altri articoli, stenderei un velo, che è meglio. Molto spesso sono frottole, se si tratta poi di pseudoinchieste sulle nuove generazioni o il mondo di internet, poi, si vede lontano un miglio che molto spesso chi scrive non sa lontanamente di cosa parla.
Se poi non sono marchette, sono notizie inutili e prive di spessore, pezzi scritti in malo modo, noiosi, per nulla accattivanti. Inoltre, c’è un’ipertrofia della politica che caratterizza molti quotidiani e che, alla lunga, è devastante.
Non ci sono inchieste, ma questo si lega molto alla mancanza di tempo e alla poca voglia di investire nel campo, e al fatto che molti giornalisti hanno perso la passione. A che pro, poi, se il tuo giornale vende e continua a vendere pure così?
La cultura, forse, vive di buoni momenti, almeno su la Repubblica. Sul Corriere un po’ meno, sugli altri giornali non mi pare ci sia nulla di eccelso.
Ma dove sta il problema? Me lo pongo solo io? Perché i nostri giornali sono così brutti e poco interessanti, perché in Italia si vendono le stesse copie di quotidiani che si vendevano 30 anni fa?
Forse un problema c’è, forse anche più di uno, e pensare che non ho nemmeno messo a cuocere altra carne sul fuoco, come ad esempio i collaboratori supersfruttati e sottopagati – se pagati -, gli interessi economici alla base di ogni testata, le commistioni con la politica e l’economia, il potere degli inserzionisti e la mancanza di editori puri, male incurabile della stampa nel nostro paese.
Domani credo che, pensando all’agonia del nostro giornalismo, quell’euro lo conserverò: se non saranno gomme sarà un altro caffè.

Travis - The Boy with no Name



Ieri e oggi ho ascoltato il nuovo album dei Travis. E mi è piaciuto. Ma non è tanto strano il fatto che mi sia piaciuto (per un mese quand’ero più piccino mi son piaciuti pure i The Ark), ma il fatto che mi sia piaciuto davvero tanto.

Addirittura mi azzardo a dire che il trio di canzoni iniziali - 3 Times And You Lose, Selfish Jean, Closer – sfiora la perfezione. E se tutto il disco fosse stato sullo stesso livello, questo The Boy with no Name
sarebbe stato probabilmente quanto di meglio offertoci dal Regno unito in questo 2007.

Invece, quello che viene dopo non è proprio all’altezza delle prime tre canzoni dell’album. Per carità, si tratta sempre di belle e orecchiabili canzoni pop-rock in chiave britannica, con la bella voce di Healy che lega il tutto, rendendo le atmosfere delicate e avvolgenti. Ma due tre episodi - One night, Under the Moonlight – sono un po’ noiosetti e ripetitivi, e soltanto la produzione affidata, tra gli altri, a Brian Eno, mette qualche toppa e maschera i passi falsi disseminato qua e là nel mezzo del disco.
In ogni caso, stiamo parlando dei Travis e non dei Pink Floyd. Ed il loro ritorno, con questo disco che supera di parecchio la sufficienza, è davvero un piacere per le orecchie.
Insomma, con l’estate alle porte e poca roba nuova da ascoltare sotto il solleone, questo disco si candida a far parte di una personale top five, che vi piaccia oppure no.

Travis - The Boy with no Name



Ieri e oggi ho ascoltato il nuovo album dei Travis. E mi è piaciuto. Ma non è tanto strano il fatto che mi sia piaciuto (per un mese quand’ero più piccino mi son piaciuti pure i The Ark), ma il fatto che mi sia piaciuto davvero tanto.

Addirittura mi azzardo a dire che il trio di canzoni iniziali - 3 Times And You Lose, Selfish Jean, Closer – sfiora la perfezione. E se tutto il disco fosse stato sullo stesso livello, questo The Boy with no Name
sarebbe stato probabilmente quanto di meglio offertoci dal Regno unito in questo 2007.

Invece, quello che viene dopo non è proprio all’altezza delle prime tre canzoni dell’album. Per carità, si tratta sempre di belle e orecchiabili canzoni pop-rock in chiave britannica, con la bella voce di Healy che lega il tutto, rendendo le atmosfere delicate e avvolgenti. Ma due tre episodi - One night, Under the Moonlight – sono un po’ noiosetti e ripetitivi, e soltanto la produzione affidata, tra gli altri, a Brian Eno, mette qualche toppa e maschera i passi falsi disseminato qua e là nel mezzo del disco.
In ogni caso, stiamo parlando dei Travis e non dei Pink Floyd. Ed il loro ritorno, con questo disco che supera di parecchio la sufficienza, è davvero un piacere per le orecchie.
Insomma, con l’estate alle porte e poca roba nuova da ascoltare sotto il solleone, questo disco si candida a far parte di una personale top five, che vi piaccia oppure no.

mercoledì 20 giugno 2007

Fa caldo, eh?

Che bello, è arrivato il caldo infernale.
Così nei mezzi pubblici sudo come una fontana ad ogni ora del giorno, ma non manca mai l'occasione di una chiacchiera sofferente con il vecchietto lamentoso di turno.

Fa caldo, eh?

Che bello, è arrivato il caldo infernale.
Così nei mezzi pubblici sudo come una fontana ad ogni ora del giorno, ma non manca mai l'occasione di una chiacchiera sofferente con il vecchietto lamentoso di turno.

lunedì 18 giugno 2007

Iacuelli a Napoli

Insomma, la presentazione del libro di Iacuelli è andata.
C'è chi sostiene in modo vergognoso, io non c'ero e non posso dire la mia, purtroppo: sono stato trattenuto a Roma fino al tardo pomeriggio. Ma lo stesso autore del libro smorza i toni polemici e pare soddisfatto.

Al di là di tutto, infatti, credo che la cosa migliore, la più importante, sia quella di far leggere a quante più persone il suo interessante libro, Le vie infinite dei rifiuti. E se la presentazione del libro si sia rivelata soprattutto come un dibattito lungo e poco chiaro, o un occasione per l'associazione di turno per promuovere il proprio operato e farsi un po' di pubblicità, ben venga anche questo, secondo me. Basta che se ne parli.
Anche perché ricordo quello che mi disse Alessandro al termine di una intervista che gli feci un po' di tempo fa per Alternapoli: Quando un testo è pubblico e tu dici delle cose, anche con nomi e cognomi, per forza dal lato del mondo civile deve esserci una reazione. Il mio compito è quello di fare informazione corretta, con un linguaggio quanto più semplice possibile. Questo è quello che posso fare e che ho fatto con questo testo.

Allora fate qualcosa di buono anche voi: leggetelo.

(Provetecnicheditrasmissione, Alex321, Alternapoli)

Iacuelli a Napoli

Insomma, la presentazione del libro di Iacuelli è andata.
C'è chi sostiene in modo vergognoso, io non c'ero e non posso dire la mia, purtroppo: sono stato trattenuto a Roma fino al tardo pomeriggio. Ma lo stesso autore del libro smorza i toni polemici e pare soddisfatto.

Al di là di tutto, infatti, credo che la cosa migliore, la più importante, sia quella di far leggere a quante più persone il suo interessante libro, Le vie infinite dei rifiuti. E se la presentazione del libro si sia rivelata soprattutto come un dibattito lungo e poco chiaro, o un occasione per l'associazione di turno per promuovere il proprio operato e farsi un po' di pubblicità, ben venga anche questo, secondo me. Basta che se ne parli.
Anche perché ricordo quello che mi disse Alessandro al termine di una intervista che gli feci un po' di tempo fa per Alternapoli: Quando un testo è pubblico e tu dici delle cose, anche con nomi e cognomi, per forza dal lato del mondo civile deve esserci una reazione. Il mio compito è quello di fare informazione corretta, con un linguaggio quanto più semplice possibile. Questo è quello che posso fare e che ho fatto con questo testo.

Allora fate qualcosa di buono anche voi: leggetelo.

(Provetecnicheditrasmissione, Alex321, Alternapoli)

mercoledì 13 giugno 2007

Messaggio promozionale

Ve lo ricordate Alessandro Iacuelli, quello delle vie infinite dei rifiuti?
Venerdì 15 giugno alle 18, sarà a Napoli, alla Feltrinelli di via San Tommaso D'Aquino, per parlare del problema "monnezza" nella nostra odiata/amata città.
A partire dal suo libro-inchiesta l'autore del libro, Francesco Bassini (blogger attento ai problemi della città), Antonio Risi (urbanista, esperto di questioni ambientali), Marco Rossi-Doria (Decidiamo insieme), Massimo Mendia (operatore del settore) e Sabina Laddaga (rete campana salute e ambiente) discuteranno del sistema dei rifiuti campano.
Segnate pure sull'agenda.

Messaggio promozionale

Ve lo ricordate Alessandro Iacuelli, quello delle vie infinite dei rifiuti?
Venerdì 15 giugno alle 18, sarà a Napoli, alla Feltrinelli di via San Tommaso D'Aquino, per parlare del problema "monnezza" nella nostra odiata/amata città.
A partire dal suo libro-inchiesta l'autore del libro, Francesco Bassini (blogger attento ai problemi della città), Antonio Risi (urbanista, esperto di questioni ambientali), Marco Rossi-Doria (Decidiamo insieme), Massimo Mendia (operatore del settore) e Sabina Laddaga (rete campana salute e ambiente) discuteranno del sistema dei rifiuti campano.
Segnate pure sull'agenda.

martedì 12 giugno 2007

Tv delle libertà

E' partita la Tv delle Libertà: da un'idea della rossa Michela Brambilla, redazione a Roma e Milano, collegamenti con le piazze d'Italia, interventi del pubblico a casa, telefonata in diretta di Berlusconi per congratularsi con l'emittente.
Un altro buon motivo per non avere la tv in camera.

(Tv delle libertà)

Tv delle libertà

E' partita la Tv delle Libertà: da un'idea della rossa Michela Brambilla, redazione a Roma e Milano, collegamenti con le piazze d'Italia, interventi del pubblico a casa, telefonata in diretta di Berlusconi per congratularsi con l'emittente.
Un altro buon motivo per non avere la tv in camera.

(Tv delle libertà)

Che ascolti 'st'estate?

Sul serio non ci sono tormentoni estivi, quest'anno. E siamo già a metà giugno.
A parte questo, direi che non ci sono neanche album degni d'essere ascoltati, da qualche mese a questa parte. Niente di particolarmente interessante, niente che catturi l'attenzione, né all'estero né, soprattutto, in Italia. Pare ci sia il nuovo disco dei Negramaro, ma ho sentito il singolo e, francamente, sta bene dove sta.
Di sicuro il cd dei Verdena, Requiem, ma è impossibile che si tratti dell'unica mosca bianca in uno sciame di anonimato.
E così mi ritrovo, a sorpresa, a consumare come sempre gli album di Fabrizio De André, a riascoltare con commozione i due dischi di Damien Rice (l'ultimo ancora più intenso del primo, se permettete), a commuovermi come sempre ascoltando l'immortale Nick Drake. E riscopro Edoardo De Crescenzo, non soltanto il cantante di Ancora, di Marzulliana memoria, ma soprattutto l'interprete di piccoli capolavori come L'odore del mare, Naviganti, Le mani, E la musica va. Apprezzo Mina, gustandomi soddisfatto il suo ultimo, intenso guaito, Bau.
Molto piano, alla fine. Non nel senso che vado a rilento, ma perché ascolto anche Bollani, Allevi, Ludovico Einaudi. Senza alcun criterio, alla rinfusa, perché mi danno la giustà serenità per affrontare al meglio la giornata.
Ma non demordo, il tormentone lo aspetto sempre. Almeno un disco degno di questo nome. Niente che sia Vasco Rossi fotocopia, Michael Bublè in sovrappeso, o Irene Grandi ultrariciclate. Ve ne prego.

lunedì 11 giugno 2007

Serie A

Dai, alla fine la festa non è stata poi tanto male.
Questo entusiasmo era necessario, in fondo era dal precedente millennio che questa piazza non vedeva la A.

E poco importa se in questi anni la nostra piazza, anzi, le nostre piazze abbiano visto più immondizia che altro, un'amministrazione politica indecente, un sindaco incapace e, in generale, un peggioramento totale della vivibilità cittadina: a questi qui dagli modo di ballare sulle auto, gridare come ossessi, fare un po' di casino, sparare bombe di maradona e andare in tre sul motorino, che sono sempre felici.
Forza Napoli.

Serie A

Dai, alla fine la festa non è stata poi tanto male.
Questo entusiasmo era necessario, in fondo era dal precedente millennio che questa piazza non vedeva la A.

E poco importa se in questi anni la nostra piazza, anzi, le nostre piazze abbiano visto più immondizia che altro, un'amministrazione politica indecente, un sindaco incapace e, in generale, un peggioramento totale della vivibilità cittadina: a questi qui dagli modo di ballare sulle auto, gridare come ossessi, fare un po' di casino, sparare bombe di maradona e andare in tre sul motorino, che sono sempre felici.
Forza Napoli.

domenica 10 giugno 2007

Sempre più in basso

Quando pensavamo proprio di averle lette tutte, arriva quel buon vecchio simpaticone di Gustavo Selva a farti cambiare idea.
Disgustoso.

(Repubblica)

Sempre più in basso

Quando pensavamo proprio di averle lette tutte, arriva quel buon vecchio simpaticone di Gustavo Selva a farti cambiare idea.
Disgustoso.

(Repubblica)

Il rapace della curva B

Oggi la faccenda è seria assai, possiamo dirlo.
Alcuni hanno già messo la bandiera fuori il balcone, altri stanno spolverando i San Gennaro di terracotta sussurrando loro qualcosa nell'orecchio, con gli occhi iniettati di sangue. Ogni tanto una strombazzata, in tre sul motorino giovani virgulti gridano elegantemente: "Forza Napoli!". Se vai al bar a prendere il caffè non si parla d'altro.
E ci mancherebbe. Per un giorno, l'immondizia se la sono dimenticati tutti.

La città è addobbata a festa - e quando mai - manco si stesse per vincere il terzo scudetto. Tranquilli, tranquilli, quattro-cinque anni e arriviamo direttamente alla Champions League.
Io queste cose le vivo sempre con la solita flemma che mi contraddistingue, al massimo un grido di gioia subito dopo il gol, abbracci e pacche sulle spalle col sorriso sulle labbra. Senza sturbi di alcun tipo.
Stavolta però, probabilmente farò qualcosa in più. No, il bagno nella fontana a Piazza Trieste e Trento no. Forse rispolvero la maglietta del secondo scudetto, quella Mars, per intenderci. Di un tessuto che solo a guardarlo fa sudare. Devo avercela, da qualche parte. Ho anche quella Voiello, forse di qualche anno prima. Credo mi vadano un po' attillate, ora. La metto sotto la camicia, và.
Sarà uno splendido spettacolo.
Ragà, la fede è fede.

Il rapace della curva B

Oggi la faccenda è seria assai, possiamo dirlo.
Alcuni hanno già messo la bandiera fuori il balcone, altri stanno spolverando i San Gennaro di terracotta sussurrando loro qualcosa nell'orecchio, con gli occhi iniettati di sangue. Ogni tanto una strombazzata, in tre sul motorino giovani virgulti gridano elegantemente: "Forza Napoli!". Se vai al bar a prendere il caffè non si parla d'altro.
E ci mancherebbe. Per un giorno, l'immondizia se la sono dimenticati tutti.

La città è addobbata a festa - e quando mai - manco si stesse per vincere il terzo scudetto. Tranquilli, tranquilli, quattro-cinque anni e arriviamo direttamente alla Champions League.
Io queste cose le vivo sempre con la solita flemma che mi contraddistingue, al massimo un grido di gioia subito dopo il gol, abbracci e pacche sulle spalle col sorriso sulle labbra. Senza sturbi di alcun tipo.
Stavolta però, probabilmente farò qualcosa in più. No, il bagno nella fontana a Piazza Trieste e Trento no. Forse rispolvero la maglietta del secondo scudetto, quella Mars, per intenderci. Di un tessuto che solo a guardarlo fa sudare. Devo avercela, da qualche parte. Ho anche quella Voiello, forse di qualche anno prima. Credo mi vadano un po' attillate, ora. La metto sotto la camicia, và.
Sarà uno splendido spettacolo.
Ragà, la fede è fede.

venerdì 8 giugno 2007

La prossima volta in ginocchio sui ceci

Eccolo, ancora una volta, il mondo che va al contrario. Dove chi sbaglia e - stranamente - viene punito finisce ad essere la vittima, il martire occasionale, rivolta la frittata e passa dalla parte della ragione.
Il mondo dove la feccia si comporta da feccia, i bulletti adolescenti che a scuola non dovrebbero mai entrarci (a che serve, in certi casi, la scuola?) riescono sempre a farla franca, e l'unico loro rimpianto è non essere riuscito ad immortalare tutta la scena col videofonino per poi postarla su Youtube.
E una professoressa, con trent'anni di carriera sulle spalle, che punisce giustamente uno stupido dodicenne che ha coperto di insulti omofobici un compagno, impedendogli di usare il bagno, rischia fino a due mesi di carcere per abuso di mezzi di correzione, dopo essere stata denunciata dai genitori dell'alunno.
I genitori, quelli che dovrebbero educare in prima battuta i figli. E che invece di dare il resto ad un figlio viziato e incapace di relazionarsi correttamente ai propri coetani, niente sanno fare di meglio che chiedere i danni alla professoressa e apostrofare così elegantemente la docente: "Mio figlio sarà deficiente ma lei è una c...".
Prima i genitori, poi la scuola, dovrebbero insegnare ai ragazzi come comportarsi, a vivere civilmente. Anche con le punizioni, fin quando non sono eccessive e poco utili a far capire dove si è sbagliato, perché alle volte le parole da sole non bastano. Poi alla fine succede che nessuno dei due funziona come si deve, né la scuola né la famiglia, e i bambini crescono comunque senza sapere dove sia il rispetto per il prossimo o l'uso del congiuntivo, nella società di Amici di Maria e del Grande Fratello.
Quando scrivo questi post così intrisi di retorica e disfattismo, lo ammetto, sono il primo a storcere il naso. Ma ci sono cose che mi fanno girare terribilmente le scatole, e questa notizia c'è riuscita a farlo in pieno.

(la Repubblica)

La prossima volta in ginocchio sui ceci

Eccolo, ancora una volta, il mondo che va al contrario. Dove chi sbaglia e - stranamente - viene punito finisce ad essere la vittima, il martire occasionale, rivolta la frittata e passa dalla parte della ragione.
Il mondo dove la feccia si comporta da feccia, i bulletti adolescenti che a scuola non dovrebbero mai entrarci (a che serve, in certi casi, la scuola?) riescono sempre a farla franca, e l'unico loro rimpianto è non essere riuscito ad immortalare tutta la scena col videofonino per poi postarla su Youtube.
E una professoressa, con trent'anni di carriera sulle spalle, che punisce giustamente uno stupido dodicenne che ha coperto di insulti omofobici un compagno, impedendogli di usare il bagno, rischia fino a due mesi di carcere per abuso di mezzi di correzione, dopo essere stata denunciata dai genitori dell'alunno.
I genitori, quelli che dovrebbero educare in prima battuta i figli. E che invece di dare il resto ad un figlio viziato e incapace di relazionarsi correttamente ai propri coetani, niente sanno fare di meglio che chiedere i danni alla professoressa e apostrofare così elegantemente la docente: "Mio figlio sarà deficiente ma lei è una c...".
Prima i genitori, poi la scuola, dovrebbero insegnare ai ragazzi come comportarsi, a vivere civilmente. Anche con le punizioni, fin quando non sono eccessive e poco utili a far capire dove si è sbagliato, perché alle volte le parole da sole non bastano. Poi alla fine succede che nessuno dei due funziona come si deve, né la scuola né la famiglia, e i bambini crescono comunque senza sapere dove sia il rispetto per il prossimo o l'uso del congiuntivo, nella società di Amici di Maria e del Grande Fratello.
Quando scrivo questi post così intrisi di retorica e disfattismo, lo ammetto, sono il primo a storcere il naso. Ma ci sono cose che mi fanno girare terribilmente le scatole, e questa notizia c'è riuscita a farlo in pieno.

(la Repubblica)

Giuro, non ci dormo la notte

E così la biondina ultramiliardaria e svampita si è fatta i suoi tre giorni, ed è uscita da galera. Eppure guardavamo quasi con interesse le nuove vicende dell'esile ereditiera capace di fare qualsiasi cosa nella vita - cantante stonata, attrice inguardabile, mediocre realizzatrice di filmini porno amatoriali - e farla sempre male: insomma, quando si era presa ben 23 giorni di carcere per guida senza patente e in stato di ubriachezza, pensavamo potesse sul serio svoltare, dare un senso alla sua carriera nel mondo dei vips, nel quale finora ha galleggiato inconsistente come in una delle sue poche interpretazioni cinematografiche in qualche horror di serie B.
Poi la prigionia si è rivelata una mezza farsa, con la Hilton piagnucolosa scarcerata dopo tre giorni perché "malata", ma forse era soltanto in crisi da mms o poco abituata a stare senza tacchi: tutto normale, insomma, fino al nuovo colpo di scena.
Forse ritornerà in cella, la poverina, che già si era abituata alla nuova cavigliera elettronica che doveva impedirle di allontanarsi più di tanto: sembrava volesse già farne un capo d'alta moda, da esportare in tutto il mondo.
Staremo a vedere, insomma, tutti col fiato sospeso perché le sorti di questa sgallettata ci stanno molto a cuore. Magari, alla fine, per i restanti 20 giorni potrebbero farne un bel reality show: Paris in the cage. E sarebbe sempre una bella pubblicità.

(Repubblica)

Giuro, non ci dormo la notte

E così la biondina ultramiliardaria e svampita si è fatta i suoi tre giorni, ed è uscita da galera. Eppure guardavamo quasi con interesse le nuove vicende dell'esile ereditiera capace di fare qualsiasi cosa nella vita - cantante stonata, attrice inguardabile, mediocre realizzatrice di filmini porno amatoriali - e farla sempre male: insomma, quando si era presa ben 23 giorni di carcere per guida senza patente e in stato di ubriachezza, pensavamo potesse sul serio svoltare, dare un senso alla sua carriera nel mondo dei vips, nel quale finora ha galleggiato inconsistente come in una delle sue poche interpretazioni cinematografiche in qualche horror di serie B.
Poi la prigionia si è rivelata una mezza farsa, con la Hilton piagnucolosa scarcerata dopo tre giorni perché "malata", ma forse era soltanto in crisi da mms o poco abituata a stare senza tacchi: tutto normale, insomma, fino al nuovo colpo di scena.
Forse ritornerà in cella, la poverina, che già si era abituata alla nuova cavigliera elettronica che doveva impedirle di allontanarsi più di tanto: sembrava volesse già farne un capo d'alta moda, da esportare in tutto il mondo.
Staremo a vedere, insomma, tutti col fiato sospeso perché le sorti di questa sgallettata ci stanno molto a cuore. Magari, alla fine, per i restanti 20 giorni potrebbero farne un bel reality show: Paris in the cage. E sarebbe sempre una bella pubblicità.

(Repubblica)

giovedì 7 giugno 2007

Lo disegnava meglio mia nonna

Beh, che il logo delle Olimpiadi di Londra del 2012 fosse a dir poco orripilante, non c'erano dubbi. Una roba impropinibile, quasi peggio di Italia.it, che con quella T a forma di cetriolo faceva accapponare la pelle anche ai meno esperti di grafica e comunicazione.
Ma, dal momento che provoca anche crisi epilettiche in alcuni soggetti a rischio, 'sta ciofeca inglese pagata 600mila euro non si potrebbe modificarla almeno un pochino?

(Italia.it, Gazzetta)

Lo disegnava meglio mia nonna

Beh, che il logo delle Olimpiadi di Londra del 2012 fosse a dir poco orripilante, non c'erano dubbi. Una roba impropinibile, quasi peggio di Italia.it, che con quella T a forma di cetriolo faceva accapponare la pelle anche ai meno esperti di grafica e comunicazione.
Ma, dal momento che provoca anche crisi epilettiche in alcuni soggetti a rischio, 'sta ciofeca inglese pagata 600mila euro non si potrebbe modificarla almeno un pochino?

(Italia.it, Gazzetta)

domenica 3 giugno 2007

Italia in crescendo

Donadoni parla di Italia in crescendo. 2 a 1 alle Far Oer. Dico, alle Far Oer. Diciotto isolette sparse a casaccio nel freddo dell'Atlantico e una nazionale che di solito nel prendono sei o sette anche dal Balgio.
46.962 abitanti distribuiti su una superficie di 1400 chilometri quadrati. Più o meno quanti ce ne sono a Poggibonsi.
Ci ha segnato contro un carpentiere. E Donadoni parla di Italia in crescendo.

(Corriere)

Italia in crescendo

Donadoni parla di Italia in crescendo. 2 a 1 alle Far Oer. Dico, alle Far Oer. Diciotto isolette sparse a casaccio nel freddo dell'Atlantico e una nazionale che di solito nel prendono sei o sette anche dal Balgio.
46.962 abitanti distribuiti su una superficie di 1400 chilometri quadrati. Più o meno quanti ce ne sono a Poggibonsi.
Ci ha segnato contro un carpentiere. E Donadoni parla di Italia in crescendo.

(Corriere)

venerdì 1 giugno 2007

Mi ci voleva solo questo

Lo giuro. Lo scrivo qui, così mi ricordo anche di averlo giurato davanti a tutti.
Non mi iscriverò mai ad Anobii, e non ne diventerò mai dipendente. Capito?
(Purtroppo, mantre lo scrivo e nell'altra finestra ci navigo, me ne rendo già conto: non ci riuscirò).

(Anobii)

Mi ci voleva solo questo

Lo giuro. Lo scrivo qui, così mi ricordo anche di averlo giurato davanti a tutti.
Non mi iscriverò mai ad Anobii, e non ne diventerò mai dipendente. Capito?
(Purtroppo, mantre lo scrivo e nell'altra finestra ci navigo, me ne rendo già conto: non ci riuscirò).

(Anobii)