mercoledì 14 luglio 2004

Nella ragnatela burocratica

Salgo. Scendo. Risalgo. Faccio una fila, firmo un'autocertificazione. Poi riscendo. Un'altra fila. Parlo con un professore che del mio problema non capisce niente, che mi rimanda ad un altro, che mi suggerisce di rivolgermi ad un altro ancora.
Io mantengo la calma, chiedo ai nervi di restare tranquilli, al loro posto, e non farsi prendere dal panico e dalla rabbia.
Ho fatto 250 ore di stage, perchè non dovrebbero accettarmi i crediti, mi dico...e invece no, ogni volta un problema, che si somma ad un altro problema, e ad un altro ancora. Gente che mi ride in faccia, professori che non sanno cosa fare, mi dicono di aspettare, di attendere, di fare file su file, mi rimproverano di non riuscire ad esporre bene il mio problema, laddove dovrei semplicemente mostrare l'attestato ed il bando che testimoniano la mia frequenza ad un corso di formazione, e prendere ciò che mi spetta di diritto...mentre questi improbabili dottori utilizzano il loro titolo di studio per comportarsi in maniera arrogante, senza umanità, senza rispetto per il prossimo.
Una laurea non vi rende migliori di me, non vi permette di trattarmi con superficialità, non vi dà il diritto di assumere, nei miei confronti, un tono arrogante e sarcastico.
Resto allibito, senza parole, sconsolato per la qualità umana e morale di questi individui.


Oggi, in data 14 luglio 2004, ho forse (e dico forse) risolto un problema burocratico universitario che mi tracinavo da un anno, esattamente dal 26 giugno 2003.
Ore di colloqui inutili, discorsi ascoltati mille volte, appuntamenti presi all'ulitmo momento per avviare una pratica semplicissima, la mia, che forse vedrà, entro settembre, la sua conclusione.
Ma il senso di repulsione e odio verso le persone che tanto mi hanno fatto penare, non andrà via tanto presto.

martedì 13 luglio 2004

Vacanza?

Guardavo il soffitto, questa notte, fermo, immobile, nel mio letto. Avevo provato a leggere qualcosa, "Fahrenheit 451", di Bradbury, ma dopo poche pagine i miei occhi, due piccole fessure aperte nell'oscurità della camera, si sono staccati dai caratteri stampati sulle pagine per cominciare a fissare il vuoto, senza motivo apparente.


Ho richiuso il libro, appena a pagina sette, perchè sentivo crescere, dentro di me, un'ansia improvvisa e inaspettata, fulmine a ciel sereno, soprattutto perchè ormai, dopo l'ultimo esame, sono ufficialmente in vacanza.


- Cos'è, cos'è questa morsa che mi attanaglia il petto, questo peso alla bocca dello stomaco? - mi chiedevo, con le mani strette dietro la testa, e gli occhi fissi davanti, a leggere un ipotetico messaggio rivelatore sulla parete buia della mia camera.


Non riuscivo a darmi risposta, continuavo ad angosciarmi.


Solo stamattina ho focalizzato la mia paura nascosta, ho dato una forma concreta alla mia ansia latente, ho confermato il mio carattere perennemente e, alle volte, inutilmente nervoso e inquieto. Ho finito gli esami universitari, ottimi voti, ma soprattutto con esposizioni che mi hanno ricompensato delle ore infinite trascorse in biblioteca, conversazioni con i professori o gli assistenti nei quali sono riuscito, quasi sempre, a dare il meglio di me stesso.


Soddisfatto? Si, certo, ma neanche il tempo di finire, che già, inconsciamente, ho cominciato a pensare all'ultimo esame da sostenere, Economia Politica, a settembre: difficile, per uno che non ha mai amato i numeri. Decisivo, l'ago della bilancia della mia media universitaria, dovrò dare il massimo ad ogni costo, e proprio stanotte ho cominciato a realizzare che dovrò cominciare a studiarlo da oggi, cominciare a prendere dimestichezza con le curve, le leggi della domanda e dell'offerta, le strane formule che, per il momento, sono per me lingua sconosciuta.


E intanto cresce l'ansia, ogni giorno prometto a me stesso che cambierò, non mi lascerò più assalire dalla paura di sbagliare, affronterò di petto i problemi, a testa alta, senza più sentirmi male ogni mattina di un esame....ma non ci riesco.

venerdì 9 luglio 2004

Pullmann

Un pullmann. Fermata. Gente che sale, gente che scende. Nessuno che si guarda in faccia. Si, proprio così, non c'è un uomo, o una donna, che guardi in faccia un suo simile. Gli occhi, di tanto in tanto, si incrociano, mi pare ovvio, ma non c'è persona che osserva l'altra con affetto, con un briciolo di umanità, abbozzando un sorriso.
Se si parla, se si discute, in un affollato mezzo pubblico napoletano in un bollente venerdì di luglio, lo si fa soltanto per imprecare, per lanciare bestemmie al conducente, coprendolo di improperi, colpevole di non avere aperto la porta di dietro, quella da cui, normalmente si sale.
O si parla dei borseggiatori, di quanto siano infami, di quanto siano "ricchi" rispetto a noi e meritevoli di tutto l'odio possibile.
Si parla di Rom, di quanto siano "sporchi e puzzolenti". Ma questo capita di sentirlo già ad ogni angolo di strada.
Si parla, senza saper nè il come nè il perchè, di Islam, di terrorismo, di diversità, di attentati, di "Kaminakez", come testimoniava l'esperto islamologo al mio fianco, un uomo dagli occhiali spessi e dai capelli arruffati, intervenuto, sebbene non interpellato dai presenti, sulla scottante questione.
Luoghi comuni. Bugie. Notizie ascoltate in televisione prese per verità assolute e incontrastabili. Odio latente e incontrollabile che trasforma tranquille vecchiette in pitbull dagli occhi iniettati di sangue, docili impiegati in giustizieri della notte pronti a tutto pur di cancellare una fetta di umanità.
Io non parlo. Sto zitto, chiuso nel mio angolo, protetto dal mio libro, "Se una notte d'inverno un viaggiatore" di Italo Calvino, che apro e richiudo, che inizio a leggere ma sul quale non riesco a concentrarmi, perchè è troppa la cattiveria e la rabbia che sento crescere nel pullmann, aumentare al suo interno, fermata dopo fermata, in modo proporzionale al numero di persone che salgono e si allacciano alla conversazione già in atto.
Il bene, il male, i buoni, i cattivi, non so bene dove siano e chi siano.

Presa di coscienza

Ho perso la fiducia nel prossimo.
Non so il perchè. Davvero.
Non mi è mai mancata, lo giuro. Credevo che averne in quantità mi avrebbe offerto la chiave per vedere il mondo sempre con occhi più vivi, più appassionati, più intensi, pronti a cogliere l'amore e la disponibilità degli indivifui, il dono fatto con il cuore, anche il più semplice sorriso sincero.
Ma mi sbagliavo.
Sono cresciuto, con il tempo, sia fuori che dentro. Ho conosciuto il dolore e la sofferenza, sono spesso andato incontro a cocenti delusioni, ho incontrato spesso indifferenza e poca umanità, negli uomini, in qualsiasi rapporto sociale.
All'inizio, un po' perplesso e timoroso, mi sono interrogato sul perchè della mia perdita, dello smarrimento di una cosa a cui tenevo tanto, forse troppo.
Col passare del tempo, è diventata consuetudine, ho cercato di abituarmi all'idea, e continuare a vivere.
Ho perso la fiducia nel prossimo.

giovedì 8 luglio 2004

La tranquillità che avevo perso

Uff...
E' stato davvero stressante, ma è finita!!!!
Ultimo esame della sessione, sarà stato il caldo, lo stress, la poca voglia di studiare un libro incomprensibile, ma non sono stato brillante come avrei desiderato. Ma è soltanto un piccolo rimprovero che faccio a me stesso, sempre insicuro, poco ambizioso e incapace di esprimermi al meglio, sotto tensione....
Esami, ci vediamo a settembre!!!! (ma non per questo chiuderò i libri, c'è sempre da preparare la tesi...)

martedì 6 luglio 2004

L'odore dei libri

Adoro l'odore dei libri.
Mi piace annusarli, sentirne la fragranza, scoprirmi, ad ogni lettura, sempre più innamorato del profumo dell'inchiostro e dell'aroma della carta.
Li sfoglio con delicatezza, come delle rare reliquie custodite nel tempio del sapere, attento a non rovinarli, profanandoli con le mie mani, cercando di cogliere, di apprendere quanto più possibile da quelle lettere, da quelle parole, da quelle frasi che danno sollievo ai miei occhi bisognosi di cultura, ansiosi di conoscere, così piccoli e insignificanti, così come la mia mente, desiderosa di apprendere tutto, ma così inutile e spaesata di fronte all'infinito scibile umano.
Risuonano nella mia mente le parole del maestro J. L. Borges, la descrizione della "Biblioteca di Babele", che esiste ab aeterno, con i suoi corridoi esagonali lunghissimi, geometrici, inquietanti, capaci di contenere tutti i libri scritti dall'essere umano nel corso della sua storia presente, passata e futura, testi risalenti alla nascita della scrittura, appartenuti all'uomo di tutte le epoche, addirittura quelli non ancora scritti e immaginati.
Un immagine evocativa e paradossale, che, allo stesso tempo, mi attrae e mi inquieta.
Mentre la mia mente torna ad affondare in quelle pagine color avorio, alla ricerca di un bagliore di luce, di una scintilla di sapere, di una confortevole e sospirata pace interiore.

domenica 4 luglio 2004


Questa è dedicata a voi, catenacciari convinti, sostenitori della marcatura a uomo, eternamente sicuri del fatto che "il primo passo verso la vittoria è non subire gol".


E’ per tutti voi, tecnici che pensate sempre prima alla difesa, che avete come unico imperativo "difendere il risultato con le unghie e con i denti".


Siete voi i trionfatori di questa serata.


Voi, promotori del "pallone avanti, e pedalare!", voi difensivisti, sempre pronti a sostituire l’attaccante con il terzino, voi che odiate i fantasisti, che addormentate le partite, che avvolgete gli avversari con la vostra fitta ragnatela di marcatori.


C’era chi, dall’alto del piedistallo dell’opinion leader, con un sorriso ironico di chi la sa lunga, vi dava per spacciati.





Antichi.





Finiti.





Superati.


Il calcio moderno vi ha spodestato, dicevano, prendendo in giro il libero staccato, il marcatore fisso sul fantasista avversario, l’unica punta supportata da un centrocampista avanzato.


Forse avevano dimenticato parole come: UMILTA’, FATICA, SACRIFICIO, GRUPPO, DETERMINAZIONE.


E, perché no, avevano trascurato l’importanza del detto: "L’unione fa la forza".


Niente Zidane, nessun Beckham, ma quale Totti.


Niente sponsor, nessun tatuaggio, ma quali treccine.


Una squadra di illustri sconosciuti, guidati da un allenatore duro e deciso.


Ed un pizzico di fortuna, che non guasta mai.


Charisteas, Basinas, Zagorakis, Seitaridis, Otto Rehagel. Ma chi sono?


I campioni d’Europa.


Siete voi i vincitori, questa sera, ed il merito è soltanto vostro.