venerdì 30 gennaio 2009

Leggo



Michela Murgia, Il mondo deve sapere.

Il libro da cui è stato tratto il film "Tutta una vita davanti", di cui parlai - molto bene - tempo fa. E questo è il sito dell'autrice, che scrive molto, e sempre bene di argomenti molto interessanti.

martedì 27 gennaio 2009

Notecologiche su l'Unità



Una bella soddisfazione: Notecologiche è stato segnalato il 2 gennaio su l'Unità, nella pagina dedicata ai blog più interessanti, proprio sotto alla rubrica "Ora d'aria" di Marco Travaglio.

Il link lo trovate qui.

Il Giorno della Memoria

Una riflessione molto interessante sul Giorno della Memoria l'ho letta su Lankelot, oggi, a firma di Daniele Ascarelli. Mi limito a copiarla, mi sembra si evidenzino molti spunti utili per riflettere sulla questione



Quando Primo Levi scrisse la poesia che costituisce il prologo a “Se questo è un uomo” scelse di intelaiarla secondo lo schema dello Shemà: la preghiera fondamentale nella liturgia ebraica che costituisce la affermazione della fede nel Dio unico. 

“Meditate che questo è stato
Vi comando queste parole
Scolpitele nel vostro cuore”.


Versi nati dalla disperata necessità di trasmettere il ricordo della Shoah, dal bisogno di raccontare agli altri ciò che è stato, dalla paura e dall’urgenza di essere creduti. Urgenza tanto forte da sovrapporsi alla fede.

Tuttavia sembra che più un fatto sia impresso a fuoco nella memoria del singolo, tanto più difficile sia trasmetterlo agli altri. Più grande sia il dolore provato, tanto più faticoso sia suscitare partecipazione. Come se esistesse uno iato profondo fra la memoria individuale e quella collettiva che l’atrocità degli accadimenti finisce poi per accrescere a dismisura.

È lo stesso Primo Levi a parlarne: “Il bisogno di fare gli altri partecipi aveva assunto in noi, prima della liberazione e dopo, il carattere di un impulso immediato e violento, tanto da rivaleggiare con gli altri bisogni elementari”.

Forse prima di pronunciare qualsiasi dichiarazione nel Giorno della Memoria andrebbe letto “Se questo è un uomo” o andrebbe ascoltato un testimone diretto. Si ha la coscienza che a volte sarebbe meglio tacere e lasciar parlare i sopravvissuti. Avere pudore nel parlare di ciò che non si conosce. Chiedersi onestamente: cosa posso dire? Perché la ripetizione delle parole non aggiunge nuovi significati e rischia di sminuire il senso degli avvenimenti, cosa che accade sempre più spesso di fronte alla retorica della politica e alle frasi di comodo. Perché ricordare non è semplicemente fare emergere dal passato un evento ma attribuirgli un senso, personale e universale. Ricordare quindi deve avere uno scopo. Dovremmo chiederci semplicemente quale sia il ruolo di un testimone di secondo grado, quali le sue responsabilità.

Anche solo chi ha ascoltato i testimoni e si è soffermato sulle immagini dei cadaveri accatastati nelle fosse comuni. Anche solo chi dei forni crematori ha visto unicamente le rovine o poco più, ha radicata dentro di sé la coscienza che quella tragedia sia incancellabile, avvertendo il peso della propria mancanza di conoscenza, del proprio non sapere.

Il problema è questo: nella tradizione ebraica la memoria è incentrata sul rito.

Il ruolo svolto dal rito è veramente nodale perchè permette di superare la conoscenza astratta degli avvenimenti avvicinandoli alla percezione sensibile.

Il rito costituisce il medium che permette di scardinare il continuum storico saldando il passato con il presente, introiettandolo non in modo generico nei pensieri ma incastonandolo nella vita stessa attraverso le azioni. Attraverso il suo compimento si partecipa al passato, attualizzando. Il passato non può aver valore se non significa per il presente e per ogni singola persona. Abbiamo, quindi, un movimento che procede attraverso una azione e che arriva alla coscienza individuale. È sufficiente riflettere su come venga celebrato in Israele Yom-HaShoah  per verificare il meccanismo: suona una sirena; per due lunghissimi minuti il paese si ferma ed ognuno partecipa semplicemente stando in piedi, nel più assoluto silenzio. Sul silenzio si innesta il ricordo e si condivide.

Ora, con l’istituzione del Giorno della Memoria, l’ebraismo per la prima volta fa i conti con una memoria non ritualizzata ma istituzionalizzata. Costituita secondo forme che non gli appartengono.

Se questo garantisce che il passato non venga dimenticato, tuttavia pone per lo stesso mondo ebraico nuove problematiche. Abbiamo la responsabilità di selezionare i meccanismi di trasmissione della memoria. Far capire, ad esempio, che gli slogan vuoti di chi si affanna a condannare l’atrocità della Shoah soltanto nel Giorno della Memoria, senza tentare di comprendere cosa accadde e come tutto ciò fu reso possibile, non soltanto siano inutili ma anche dannosi. Siamo stanchi di sentire pronunciare frasi come “Ricordiamo affinché il passato non si ripeta” oppure “Se ricordiamo non saranno morti invano”: il passato non si ripete ed ogni morte è vana, semplicemente perché non ha scopo.

Paradossalmente nel Giorno della Memoria tutti hanno diritto di parola e pochi ne avvertono il peso. Quello stesso peso che sentiva Primo Levi.

Cosa posso dire di sensato sullo sterminio? Forse qualcosa di più profondo di Primo Levi, di Wiesel, di ogni testimone? Credo che ognuno dovrebbe porsi queste domande prima di prendere parola. Affinché la memoria abbia un senso.

lunedì 26 gennaio 2009

domenica 25 gennaio 2009

Marco Marfé, o Maccomaffé

L’ultimo tristemente noto fenomeno della rete è “Marco”, o meglio Marco Marfè, o meglio ancora, “Maccomaffè”.
Tutto attaccato, così come lo dice – inguainato in un completino similgabibbo – ad una Simona Ventura che si scompiscia dalle risate durante i provini di X Factor.
Il mio nome d’atte è Macco”…
Una vergogna infinita, che aumenta a dismisura quando dice di essere un po’ frizzantino, quando non conosce il significato della parola coreografo (e il balletto, oddio) o ammette con orgoglio a Napoli stiamo ceccando di studiare un po’ l’inglese, è impottante… e così va a finire che l’immagine del napoletano medio in giro per l’Italia resta questa, che i polentoni del nord metabolizzano e fanno loro per poterci prendere in giro ad ogni occasione.
Incredibile, già la simpatica immagine che Napoli ha nel mondo è quella che è… con il contributo di Macco, non può che peggiorare.

E alla fine saluta tutte le sue fan, Macco: "Maria da Aversa, Rosa dalla Sanità, Mariarca e Giusy da Palermo…”.
Ti saluto anch’io, Marco Marfé. A mai più rivederci.


lunedì 19 gennaio 2009

Vota la foto



Un piccolo voto ad una bella foto. Grazie.

Le scuse dello Zoo


I ragazzi dello Zoo di 105 hanno esagerato, l'hanno pagata e ora chiedono scusa su Youtube.

Mi sembrano davvero molto dispiaciuti.

(Il Giornale, Youtube)

venerdì 16 gennaio 2009

Giornalismo dal basso

Un aereo della Us Airways è caduto nel fiume Hudson, dopo un ammaraggio di emergenza.
Su Twitter la foto di un comune cittadino che era sul posto, ad aiutare i passeggeri, scattata e immediatamente messa on line.
La più bella vista finora. Potere del web.

mercoledì 14 gennaio 2009

Ricordi di viaggio

Chissà se poi è normale, andare a Parigi per la Torre Eiffel e il Louvre, e poi scoprire che le cose che più ti mancano sono l'atmosfera familiare di una cena in compagnia di persone speciali, il parco Disney e i suoi personaggi magici...


mercoledì 7 gennaio 2009

lunedì 5 gennaio 2009

Inizio dell'anno, ricordando Enzo



In questi giorni di inizio 2009, che come ogni anno non posso che associare alla scomparsa di due delle persone che maggiormente hanno contribuito alla mia crescita culturale, intellettuale, morale - Giorgio Gaber e Fabrizio De André - arrivo per vie traverse a questo post su Liberoweb, risalente ad agosto, che riporta un articolo di Till Neuburg su Enzo Baldoni: un'altra persona importantissima, per me, come per tanti altri.
Non è mai troppo tardi per divulgare questi contributi, mai troppo tardi per ricordare Enzo Baldoni.

(Wikipedia, Liberoweb)

Con Pregadio


Questo blog ovviamente, sempre e comunque sta dalla parte del Maestro Pregadio.


(Il Tempo)

domenica 4 gennaio 2009

Elliott Smith - Condor Ave

La scuola dei Disoccupati, fantascienza o cronaca?



Leggo "La scuola dei Disoccupati" di Joachim Zelter.
Edizioni ISBN.
Dovrebbe essere un libro di fantascienza, su un ipotetico futuro, dove esistono scuole per insegnare ai disoccupati a come inviare un cv, come candidarsi, come sorridere durante un colloquio, come comportarsi, non abbattersi, provare sempre tutto per trovare lavoro, in ogni modo, sempre e comunque... oddio, siamo sicuri sia fantascienza?

sabato 3 gennaio 2009

Inizia la carneficina

Ucciso il primo giornalista del 2009, in Somaila.
Nel 2008 sono stati 95. E non mi sembra poco.

(Virgilio, Yahoo)

Come è fatta la Biblioteca di Babele



Grazie a Far Finta di Essere Sani scopro un post letterario-matematico-delirante, sul blog Boffardi 2.0.
Un post bellissimo, su uno dei racconti di Borges che amo di più: La Biblioteca di Babele.
Un po' lungo ma ne vale certamente la pena. E dopo averlo letto ti viene subito voglia di riprenderlo tra le mani, Finzioni di Jorge Luis Borges.

(Farfintadiesseresani, Boffardi, Philppe Fassier)

venerdì 2 gennaio 2009

Capodanno napoletano

A chi dice che odio troppo la mia città.
A chi dice che non sembro napoletano, che sono pessimista.
A chi dice che vedo solo le negatività della mia terra.
A chi dice che spesso generalizzo, che sono qualunquista.
Tanti auguri da Baghdad. Ah no, da Napoli.
(E non mi venite a dire che queste cose succedono in tutta Italia, a Napoli un morto e quasi ottanta feriti, per una terra che non si salverà mai).


Rispondi bene, a mamma

Vasco Brondi (La luci della centrale elettrica) intervistato su MusicBoom.
Dalle risposte che dà all'intervistatore o era incazzato nero, o gli stava antipatico da morire, o aveva mangiato un po' pesante la sera prima.
"
Ciao Vasco...innanzitutto ti chiederei di raccontarci di questa scelta molto particolare di farti chiamare "Le Luci della Centrale Elettrica"...Vasco Brondi non andava bene?
È una domanda che mi fanno di continuo e mi sembra una delle più inutili. Le luci della centrale elettrica si spiega da solo, vuol dire esattamente quello dice. Quello che evoca. Il mio nome non significa niente, non è la mia autobiografia ambulante".

(MusicBoom)