lunedì 7 giugno 2004

Il sole fuori, le nuvole dentro

Una giornata trascorsa in fretta, rapida come un battito di ciglia: fuori una città, come sempre, caotica e frenetica, spontanea e immediata come lo sguardo delle tante persone che incrocio casualmente per strada e osservo, di sfuggita, con occhi distratti. Riscaldata da un sole finalmente caldo, nascosto da troppi giorni dietro nuvole autunnali, oggi la mia città mi sembra davvero la più bella di tutte, proprio come quella ritratta sulle cartoline che i turisti stranieri inviano ai loro parenti, con il pino “sempreverde” di Posillipo in primo piano e il Golfo sullo sfondo, con il mare limpido come uno specchio, pronto ad dare il benvenuto a tutti gli accaldati alla ricerca di un po’ di fresco.

La mia città si muove entusiasta, là fuori, e con lei i miei concittadini, che non vedono l’ora di abbrustolirsi sotto i roventi raggi del sole. Io non posso essere con loro, e non lo sarò ancora per molto tempo.

E’ tempo di esami, all’Università. E’ tempo di studiare. Rinchiuso in biblioteca comunale a studiare un testo dal titolo tanto interessante ("Storia della Musica") quanto i suoi contenuti poco entusiasmanti (Stravinskij, Debussy, Satie e tanti altri esponenti della musica colta degli ultimi due secoli), cerco di attaccare alle pareti del cervello quante più informazioni possibili, cercando di trovare un filo logico nelle parole di un musicista improvvisatosi scrittore e critico musicale, incapace di dare un senso compiuto alle sue frasi, incomprensibili ed enigmatiche come responsi della Sibilla Cumana.

Meglio lasciar perdere.

Quattro chiacchiere con due amiche, che hanno un esame domani; una sigaretta scroccata, accesa ma subito spenta con l’aria colpevole dell’ex fumatore che ogni tanto ha una voglia, immediatamente placata. Torno a casa, cerco di buttare giù due righe della tesi, ma devo aver staccato la spina che collega il cervello alle dita delle mani, perché non riesco a scrivere niente.

Sullo schermo della mia tv la gente applaude Nino Manfredi, l’ultimo grande del cinema nostrano, che se n’è appena andato, lasciandoci in compagnia di fratelli d’arte con un’insopportabile esse blesa e inespressivi e muscolosi attori incapaci di offrire vere emozioni.

Spengo questa “scatola infernale”: non è la serata adatta per inebetirmi, in poltrona, davanti ad “Excalibur” o “Chi l’ha visto”. Accendo lo stereo, metto su Nick Drake, “Pink Moon”, l’album adatto per queste serate malinconiche, nelle quali l’unica cosa che desideri è sentirti ancora più depresso…

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