martedì 29 novembre 2005

Contro il razzismo un'iniziativa in ritardo

Io questa scelta di posticipare tutte le partite di 5 minuti dopo l'ignobile episodio di razzismo contro Zoro la trovo, sinceramente, una presa in giro. Tutti pronti a condannare i cori razzisti, le svastiche sugli stadi, le frange della tifoseria vicine all'estrema destra, diciamo pure neonaziste, e l'unica risposta che ha saputo dare il "mondo del calcio" è stata quella di 5 minuti di ritardo nell'inizio delle partite? 600 secondi per riflettere sulla vicenda? Ma cosa rappresentano, cinque insulsi minuti, rispetto non solo all'offesa nei confronti del giocatore, ma al gravissimo problema del razzismo negli stadi?
Non prendiamoci in giro, per favore. Non è possibile lavarsi la coscienza con un po' di ritardo sull'inizio delle partite.
"La Repubblica" parla addirittura di "grande iniziativa", perché corredata addirittura dallo striscione a centrocampo contro il razzismo. Tutte cose inutili, che non servono a nulla, secondo me. Appena l'arbitro fischierà l'inizio tutti dimenticheranno tutto, come sempre, e si penserà soltanto al pallone e al giro di miliardi ad esso legato.
Bisogna agire sulle tifoserie, invece, ed eliminare dagli stadi tutti i reparti ultras pericolosi. Tutti quelli che portano l'odio sugli spalti, mazze e spranghe allo stadio, che sparano bombe carta durante le partite, che creano tafferugli, tutti i pregiudicati dalle facce poco rassicuranti che si dimenano sugli spalti, la cui massima aspirazione è rompere la faccia al tifoso avversario o riempire di "buu" razzisti il difensore di colore dell'altra squadra.
Impedire a queste bestie di mettere piede negli stadi e di poter assistere alle partite. E insieme a questo obbligare gli arbitri ad interrompere il gioco ogni volta che si presenti un simile episodio sugli spalti, magari facendo perdere la squadra a tavolino.
Facendo questo sono sicuro che le cose andrebbero meglio. Gli slogan e i minuti di ritardo, in questi casi, non servono a niente. Bisogna eliminare il male alla radice, e per questo non bastano le parole, ci vuole la buona volontà dei club, della federazione e di tutti i tifosi che ancora amano il gioco del calcio.


(la Repubblica)

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