sabato 18 giugno 2005

Il «discorso» dei capelli, di Pier Paolo Pasolini

"Cosa dicevano, col linguaggio inarticolato consistente nel segno monolitico dei capelli, i capelloni del '66-67?
Dicevano questo: «La civiltà consumistica ci ha nauseati. Noi protestiamo in modo radicale. Creiamo un anticorpo a tale civiltà, attraverso il rifiuto […] il linguaggio di quei capelli, anche se ineffabilmente, esprimeva «cose» di Sinistra. Magari della Nuova Sinistra, nata dentro l’universo borghese […] Venne il 1968. I capelloni furono assorbiti dal Movimento Studentesco; sventolarono con le bandiere rosse sulle barricate. Il loro linguaggio esprimeva sempre più «cose» di Sinistra.
Nel 1969 – con la Strage di Milano, la Mafia, gli emissari dei colonnelli greci, la complicità dei Ministri, la trama nera, i provocatori – i capelloni si erano enormemente diffusi: benché non fossero ancora numericamente la maggioranza, lo erano però per il peso ideologico che essi avevano assunto […] ora i capelloni non erano più silenziosi. […] la presenza fisica dei capelli era, in certo modo, declassata a funzione distintiva. […] insomma capii che il linguaggio dei capelli lunghi non esprimeva più «cose» di sinistra, ma esprimeva qualcosa di equivoco, Destra-Sinistra, che rendeva possibile la presenza di provocatori. […] Destra e Sinistra si sono fisicamente fuse.
Siamo arrivati al 1972. […] Il ciclo si è compiuto. La sottocultura al potere ha assorbito la sottocultura all’opposizione e l’ha fatta propria: con diabolica abilità ne ha fatto pazientemente una moda… […]
Ora i capelli lunghi dicono, nel loro inarticolato e ossesso linguaggio di segni non verbali, nella loro teppistica iconicità, le «cose» della televisione o delle réclames  dei prodotti, dove è ormai assolutamente inconcepibile prevedere un giovane che non abbia i capelli lunghi: fatto che, oggi, sarebbe scandaloso per il potere. […] È  giunto il momento di dire ai giovani che il loro modo di acconciarsi è orribile, perché servile e volgare. Anzi, è giunto il momento che essi stessi se ne accorgano, e si liberino da questa loro ansia colpevole di attenersi all’ordine degradante dell’orda”.

Pier Paolo Pasolini, “Il «discorso» dei capelli”, «Corriere della Sera», 7 gennaio 1973.

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