martedì 17 maggio 2005

Il quartiere a luci rosse

Aprile on line sulla proposta del prefetto di Roma, Achille Serra, di creare un quartiere a luci rosse nella Capitale, sul modello di Amsterdam, per "poter esercitare il mestiere piu' antico del mondo senza recare disturbo ai cittadini". 
Una simile proposta accompagnata dalle seguenti spiegazioni: "In Italia la prostituzione non e' reato, ma questo non significa che si debba continuare a far finta di niente: lo spettacolo offerto da lucciole e transessuali a tutte le ore del giorno e della notte, in periferia e in centro, e' indecente e offensivo''.


Rinchiudere prostitute e transessuali in un quartiere del piacere. Come bestie allo zoo, insomma, per eliminare quello spettacolo dalla vista troppo delicata e scandalizzabile dei cittadini romani, per far sì che però possano, quando ne hanno voglia, divertirsi un po' con loro.
Il prefetto ha ricevuto anche i complimenti del ministro Calderoli, e questo dovrebbe già far nascere più di un dubbio sulla qualità della proposta. Non è così che si risolverà  il problema della prostituzione, continuando a far finta di niente sullo sfruttamento che vi è alle spalle, sulla tratta delle donne, sugli abusi e i maltrattamenti soprattutto di giovani provenienti dall'Africa o dall'Est europeo, neanche si trattasse di animali destinati al macello o ci trovassimo ancora nel Medioevo.


Non è questo che desideriamo e per questo motivo riportiamo un suggerimento sulla questione, tratto dal sito Aprile on line:


"Un piccolo consiglio al prefetto di Roma: studi la legislazione svedese in materia di prostituzione. Scoprirà che la Svezia ha ridotto il fenomeno al lumicino con una legge unica al mondo, semplice e rivoluzionaria. A Stoccolma non si colpisce chi esercita la prostituzione, bensì chi (diciamo così) ne beneficia. Chi è colto in flagrante, secondo la legge svedese, viola il codice dell’uguaglianza tra uomini e donne perché il sesso a pagamento, anche se con il consenso delle due parti, è ritenuto mercificato e non libero. Chi paga, non proponendo un rapporto tra eguali, è più colpevole di chi accetta il denaro si presume per necessità".


(Aprile on line, Ansa)

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