lunedì 25 agosto 2014



Quanto tempo è passato? Ho quasi perso il conto. C'è stato un tempo in cui ogni anno ti ricordavo, puntuale, nell'anniversario della tua morte. Scrivevo un post, mettevo online, inviavo ad amici, dicevo "non dimenticate". Negli ultimi anni ho smesso di farlo, anche perché questo blog viene aggiornato con minore frequenza. Ma io continuo a ricordare Enzo Baldoni e a citarlo, ogni volta che posso. Io non ho dimenticato. Perché uno come Enzo non dovrebbe mai essere dimenticato.
Enzo non l'ho conosciuto, ma ho scritto su di lui una tesi di laurea, ho letto tutti i suoi lavori, ho apprezzato il suo stile giornalistico e il suo coraggio, ho letto e riletto i suoi blog, e mi sono chiesto perché è finita così, cosa è successo, chi ha sbagliato quel maledetto 26 agosto di 10 anni fa.

10 anni. 10 anni che Enzo Baldoni è morto, in Iraq. Giochetti sporchi, questione di politici e governi incapaci, lui un po' incosciente, sì, ma anche sfortunato. E poteva essere salvato, sì. Doveva essere salvato.
E invece è morto in quel sonnacchioso fine agosto di 10 anni fa, nel silenzio generale e senza che nessuno sia riuscito a instaurare un dialogo coi suoi assassini, concordare un riscatto, provarci almeno. Con Libero che lo prendeva in giro e parlava delle sue vacanze intelligenti, e in vacanza invece erano tutti quelli che potevano far qualcosa e invece non hanno fatto. Indifferenti.

In queste settimane c'è stata un'altra morte, quella del giornalista Foley, e il ricordo è andato di nuovo a lui. Persone che vanno in guerra insieme ai soldati, per documentare la guerra. E che non fanno più ritorno. Lo fanno perché dentro sentono qualcosa, perché il fuoco che hanno dentro li spinge a rischiare, a spostare sempre più in là l'asticella per scrivere e documentare. Per farci arrivare delle notizie, farci capire come funzionano le guerre.

Foley è appena morto, Enzo G. Baldoni è morto 10 anni fa. Lasciano a noi che restiamo qui il ricordo delle loro gesta e del loro coraggio, le loro foto, gli scritti, un ideale di giornalismo diverso, d'altri tempi, in quest'epoca di copincolla da internet e di pressappochismo diffuso. 

Non posso fare altro Enzo, come ogni anno, che ricordare chi eri e quello che scrivevi, ricordare il tuo nome e quello che hai fatto. Locombia, Diario, le interviste impossibili, i blog, splinder e tutto il resto.
Una volta i tuoi articoli erano tutti online, l'anno scorso li ho ricercati ma non c'erano più. Come è triste e beffardo, l'internet. Per fortuna io li conservo ancora in pdf, e ogni tanto li leggo. Dovrebbero farlo tutti, secondo me, prima di iniziare una carriera nel giornalismo o nella pubblicità, o anche soltanto per conoscere le terre lontane e pericolose che tu raccontavi, senza stereotipi e con la penna e la mentalità di chi vuole davvero capire e spiegare agli altri cosa significa una guerra.


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