Impiccato.
In questi giorni si sono mobilitati in molti, commentando a favore o contro la pena capitale per l’ex raìs. Ho sentito molta retorica, molte sciocchezze, molte strumentalizzazioni ma anche alcune riflessioni intelligenti sulla vicenda.
Qui siamo contro la pena capitale, non c’è bisogno di ripeterlo. Siamo contro i paesi che continuano ad utilizzarla, in ogni sua forma, per punire i colpevoli di reati.
Siamo per il carcere a vita, non per la vendetta barbara ed superflua decretata con un processo non del tutto regolare. Perché credo che nulla sia più inutile di questa esecuzione.
Non importa che sia un ex dittatore sanguinario, colpevole di migliaia di omicidi dal 1979 ad oggi. La pena di morte è comunque barbara. E quella per Saddam Hussein lo è come tutte le altre.
Forse sorprende anche di meno, perché la morte del dittatore era ormai scritta da tempo. Il processo, il tribunale, la sentenza: tutto sembrava già scritto da tempo. E così questa esecuzione, puramente politica, ci fa inorridire in modo quasi normale, tra un panettone appena finito ed il 2007 alle porte.
C’avrebbe sorpreso molto di più la scelta di non ucciderlo. Sarebbe stata più saggia ma anche antipopolare e non avrebbe avuto, di certo, lo stesso impatto.
Avrebbe forse scatenato proteste e scontri ancora maggiori di quelle che ci si aspetta ora. Non potremmo mai saperlo, di sicuro. Ciò che è sicuro è l’inefficacia di questa scelta.
Uccidere Saddam a cosa è servito? A cosa servirà? Porterà la pace in Iraq, paese ancora in guerra e devastato dal sangue e dai morti? Ovviamente no.
La scelta opposta, invece, sarebbe stata sicuramente un grande atto di coraggio, nonché di pace. Ed in questo periodo, credo sia davvero necessario.
Tutto questo, insomma, non cambia la sostanza delle cose.
La pena di morte è sempre un gesto barbaro, contrario alla democrazia. Sempre e comunque.
Concludo citando l’ossevatorio dei diritti umani, che con Richard Dicker mi pare abbia detto la cosa più intelligente della giornata: «Saddam Hussein si è reso responsabile di numerose, terribili, violazioni dei diritti dell’uomo, ma questi atti così brutali non possono giustificare la sua esecuzione, una punizione crudele e disumana».