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E, soprattutto, abbiamo aggiunto due importantissime segnalazioni: Alternapoli e il nuovo Lankelot.
Come avrò fatto a dimenticarmene?
Avvertenza: post altamente autoreferenziale.
Eh sì, perché oggi, almeno per me, è una giornata particolare.
Oggi si festeggia. O almeno, ci si prova.
Il sottoscritto ha raggiunto 23 primavere. Non sono tante, mi sembra evidente. Ma mi avvicino a grandi passi al quarto di secolo, questo almeno lo posso dire.
Fuori la città si sta svegliando piano piano, mentre io sono tornato a casa da neanche un’ora.
Il sonno è poco, molti i pensieri per la testa. Anzi, troppi. Dovrei cercare di resettare il cervello, per riprendermi un po’. Dov'è il tasto?
La settimana non è stata delle migliori, ma a poco alla volta stiamo risalendo, grazie anche ad un paio di ottime compagnie.
Sono fiducioso. Ora vado a buttarmi a letto, dato che sono già più di 24 ore che non chiudo occhio.
Buon compleanno a me.
Scavando tra le varie bancarelle di libri del centro di Napoli, mi è capitato tra le mani un libricino molto interessante.
“La sinistra nell’era del Karaoke”, del 1994, testo con il quale Giancarlo Bosetti inaugurava la collana di libri di Reset.
Un po’ vecchiotto come libro, sì, ma non per questo poco utile. Anzi, a distanza di dodici anni è davvero interessante leggere le riflessioni di Norberto Bobbio e Gianni Vattimo, due filosofi, moderati da un giornalista, sul futuro di una sinistra colpita duramente dopo il successo elettorale di Berlusconi, nel marzo del 1994.
Il dibattito è molto spesso interessante e ricco di spunti di riflessione, articolati in tre piccoli capitoli: “Tra conservazione e innovazione”, “Le conseguenze della televisione, “Uguaglianza o non violenza”.
I due intellettuali si confrontano, cercano di analizzare i perché del trionfo di Berlusconi e la cura per i mali di questa sinistra.
E lo fanno parlando di costituzione, della società dei due terzi, degli errori commessi dalla sinistra, della necessità per la sinistra di essere innovativa, del suo rapporto con i media e la tv, del discorso sulla non-violenza e dell’uguaglianza tra cittadini.
Molto interessante, davvero. Una conversazione che offre molti spunti, pone domande, ma non sempre risponde.
Si legge in un’oretta, e dopo si riflette parecchio.
Nella penombra mattutina, occhi ancora mezzi chiusi cercano la complicità di altre due piccole fessurine aperte da poco più di venti minuti.
Da poco ha albeggiato, l’aria è ancora fresca e poche auto si muovono rapide per le strade ancora semideserte.
E mentre sembra che Napoli stia ancora dormendo, una piccola grande comunità di persone è già – quasi – sveglia, pronta ad affrontare una nuova giornata di lavoro o di studio a chilometri e chilometri da casa.
E’ la comunità dei pendolari napoletani, che puntuale, ogni mattina, si ritrova a Piazza Garibaldi, Mergellina o Campi Flegrei e cerca, disperatemente, di raggiungere il posto di lavoro.
Sale sul treno, e parte. C’è chi dorme, chi conversa animatamente e non lascia dormire, chi scrive al pc o ascolta musica. In molti sperano di arrivare in orario, alcuni questa speranza l’hanno già persa da tempo.
Diretto, interregionale, Intercity e Intercity Plus, il risultato cambia di poco.
I più ricchi e benestanti, beati loro, prendono la TAV o l’Eurostar. Ma, mentre i primi spendono cifre esorbitanti ma arrivano in tempo, i secondi non solo pagano abbonamenti salati, ma devono anche combattere contro sistematici ritardi che vanno dai cinque minuti alla mezz’ora, sulla breve tratta Napoli – Roma.
E non si tratta di retorica populista, ma della realtà dei fatti: sui treni non c’è nulla più puntuale dei ritardi.
Se parliamo di Eurostar, per fortuna, i problemi sono solo di questo tipo. Al massimo, qualche toilette inagibile, il riscaldamento troppo alto di inverno o l’aria condizionata a meno 10 gradi d’estate. Chi ha da spendere centinaia di euro l’anno, è il benvenuto e può viaggiare quasi comodo.
Per chi non naviga nell’oro ma deve comunque spostarsi, qual è l’alternativa? Presto detto: Intercity costosissimi dai pochi comfort, interregionali lerci e stipati fino all’inverosimile, diretti che cigolando arrancano sui binari e sono più sporchi dei carri bestiame, nei quali chi decide di andare in bagno merita almeno una medaglia al valore eroico.
E ancora caldo, aria condizionata che non funziona, sedili luridi, finestrini ricoperti da uno strato spesso così di sudiciume non ben identificato.
Per non parlare dei mendicanti, dei venditori di calzini made in Naples e di “acqua minerale panini coca”, ovviamente sempre senza biglietto.
I ritardi poi, sono da Guinness dei primati: provare per credere, non si arriva mai.
Quando si riesce a salire sul treno, sia ben chiaro. Alle volte i treni non partono proprio, o sono soppressi senza apparente motivo.
Ed il pendolare resta lì sulla banchina, timido e disorientato, senza sapere dove andare.
Sa solo che “i bagagli incustoditi verranno controllati dalle forze dell’ordine” e che “è vietato oltrepassare la linea gialla”.
Lo ripete, in maniera ossessiva, una vocina proveniente da altoparlanti gracchianti, che sembra quasi prendersi gioco di lui. E mentre il ritorno a casa diventa, minuto dopo minuto, un miraggio sempre più lontano, una lacrima scende sul suo viso e ripensa al messaggio di saluto sentito all’andata: “la ringraziamo per aver scelto di viaggiare con Trenitalia”.
Perché, ci sarebbe una possibilità diversa?
Io quelli che continuano in ogni modo a voler giustificare Zidane davvero non riesco a capirli.
Siamo d’accordo, è stato uno dei campioni più puri e completi degli ultimi quindici anni.
Un genio del calcio, tutto quello che volete.
Ma anche uno sciocco irresponsabile, non affatto nuovo a simili comportamenti, ed ha pagato giustamente per il gesto sconsiderato dell’altra sera.
Su un campo di calcio si gioca a calcio. E, chi lo ha fatto a piccoli e grandi livelli, sa che l’offesa sul terreno di gioco è una cosa normalissima.
Chiamatela provocazione, vigliaccheria, chiamatela come volete, ma c’è e c’è sempre stata. Serve ad innervosire l’avversario, che deve essere bravo a non farsi trascinare emotivamente.
Questo in partite normali, figuriamoci in una finale di coppa del Mondo.
Quindi, non venitemi a parlare di provocazione e reazione giustificata, o di inchiesta della Fifa per capirci qualcosa di più. Serve solo a scriverci su con fiumi e fiumi di inchiostro, come sto facendo anche io ora.
Zidane non è stato capace di trattenersi, ed ha reagito come il peggiore dei giocatori di periferia, che anche ai giardinetti pubblici lo cacciavano via e non lo faceva giocare più per un paio d'anni.
E chi lo difende non fa altro che giustificare uno dei gesti più brutti visti in una partita di calcio. Uno spot negativo, da mandare in onda nelle scuole calcio dei bambini con il sottotitolo: “Il calcio non è questo”.
Quindi, io la riflessione sul campione provocato ed il difensore che ha offeso, la chiuderei qui una volta per tutte.
Ma Gallas, secondo le agenzie delle ultime ore, rincara addirittura la dose: “Vorrei solo picchiarlo”, riporta il Corriere, “Sappiamo tutti come sono fatti gli italiani, fanno sempre così. Quando sentono che stanno subendo, provocano. Quando ho visto Zidane andarsene così, avrei voluto spaccare la faccia a Materazzi. A volte un giocatore fa il furbo, dicendo cose per le quali vorresti ucciderlo. Gli italiani barano, ma non possiamo farci nulla”.
Simpatici proprio, questi francesi. E complimenti anche a Gallas, che continua a dimostrare non solo il livello di cultura sportiva della nazionale francese, ma anche il fatto che questi qui non sanno proprio perdere.
Ah, lo sentite questo coro in lontananza? Siamo noi, siamo noi, i campioni del mondo siamo noi...
(Corriere)
Allora: ieri, e lo ricordo per chi avesse vissuto in una buca sotto terra a centinaia di metri di profondità con i tappi nelle orecchie, l’Italia si è qualificata per le semifinali della coppa del Mondo.
Un 3 a 0 senza storia con il quale la squdra di Marcello Lippi ha annientato l’Ucraina.
Gol apripista di Zambrotta, doppietta di Toni, e la nazionale di Sheva è tornata a casa con la coda tra le gambe.
Ma non voglio parlare di questo, basta leggere un qualsiasi giornale per saperlo.
Voglio raccontarvi quello che ho visto qui a Napoli, i festeggiamenti che i napoletani hanno riservato a questo passaggio di turno. Sempre se, con le parole, riuscirò a spiegarvi quel che ho visto, ieri sera.
Sono a casa di amici al corso Garibaldi, dalle parti della stazione centrale.
Una strada già addobbata a festa prima della vittoria. Manca mezz'ora all'inizio. In lontananza, già si sentono esplosioni e fuochi d’artificio: forse c’è gia chi si esercita immaginando il risultato favorevole.
Al primo gol, subito il putiferio: bombe carta che scoppiano sotto casa, ci affacciamo per vedere se le auto sono integre.
Le trombette risuonano in ogni dove, bandiere sventolano tra fuochi d’artificio e bambini che battono i coperchi delle pentole usandoli come piatti.
Si soffre durante il primo tempo, poi l’intervallo. Altre esplosioni, si prende il caffè, i motorini sfrecciano per le strade per andare chissà dove, con la solita colonna sonora di clacson e fischi.
Secondo tempo: uno-due micidiale dell’Italia, e il corso Garibaldi quasi salta per aria per la gioia. Non scherzo, sembrava il terremoto: neanche a capodanno ho visto fuochi d’artificio così.
Ci avviciniamo alla fine della partita. Al termine, l’inferno. O il paradiso, dipende dai punti di vista: uno spettacolo che non bastano le parole per descriverlo.
Una quantità indefinita di motorini spuntati da decine di vicoli: 2, 3 alle volte anche 3 persone con un bimbo piccolo, sui motorini a festeggiare, a urlare, a fare cose incredibil.
Motociclette, trombe, bandiere sventolanti, grida, clacson che hanno suonato ininterrottamente almeno per due ore.
Ancora fuochi d’artificio – ma quanti, non avete idea -, e gli immancabili annunci funerari che segnalano la morte dell’Ucraina. Splendidi.
Allora, tutti in auto a festeggiare: bandiere e trombetta alla mano, mi lascio trascinare in questo casotto, nonostante avessi già la palpebra calata.
Strombazzate varie, nel traffico a passo d’uomo, con motorini che spuntano da tutte le parti: gridi, ti cali nella folla, nell’atmosfera, sudi perché il caldo è insopportabile. Ti guardi intorno e vedi ragazzi a torso nudo che usano la bandiera dell’Italia come mantello, parrucche tricolori, bandiere di dimensioni spropositate, automobili addobbate a festa, furgoncini dipinti con i colori della nazionale.
Le ragazze napoletane, truccate in volto, ridono e si scatenano. Sono bellissime.
Senti clacson musicali, l’inno di Mameli a tutto volume, ridi perché attorno a te ridono tutti.
Arrivati su via Caracciolo, il traffico si ferma. O meglio, si fermano tutti e scendono dalle macchine per cantare e festeggiare. Cantano a squarciagola, e siamo quasi alla mezza.
La festa con le automobili ferme per strada continua almeno fino all’una. E’ una festa incredibile, e siamo appena in semifinale.
Ovviamente, il rovescio della medaglia è testimoniato dai numerosi atti vandalici da parte dei soliti teppisti, che non hanno mai ben chiaro il limite che divide festeggiamenti da vandalismo. Bestie.
Pullmann devastati, risse, arresti, hanno coronato la nottata e confermato come il popolo napoletano sia tanto amabile per certi versi, tanto incivile e sgradevole per altri. Che peccato
Ci vediamo in semifinale, allora. Sperando che mi ritorni la voce e che finiscano di fischiarmi le orecchie.