mercoledì 31 ottobre 2007

Fred d'Aguiar, La memoria più lunga






Quando vado a Roma e ho un po’ di tempo, mi perdo sempre da MelBookstore, subito dopo Piazza Esedra. Lì le ore passano veloci veloci, e l’ultima mezz’ora la trascorro sempre a scavare tra i libri ad un euro, nascosti nella sala che precede il bagno.
Lì ho sempre trovato dei romanzi e dei testi grandiosi, intriganti, poco conosciuti, comprati un po’ perché il titolo incuriosiva ma soprattutto perché con un euro oggi non ci paghi neanche la colazione al bar.
L’ultimo letto è stato un bel romanzetto Einaudi, di un autore nato in Guyana: Fred d'Aguiar. Nel suo libro, La memoria più lunga, parla di schiavitù, di dolore e morte, con uno stile poetico e molteplici punti di vista.
Ne viene fuori un racconto dalle numerose voci, dagli infiniti registri narrativi, ambientato in una piantagione americana dell'Ottocento: c’è il padrone, c’è lo schiavo anziano e suo figlio, c’è la figlia del padrone e chi deve mantenere l’ordine tra gli schiavi. La loro vita, le loro storie animano il romanzo.
Le pagine scivolano via veloci, e con esse resta impresso soprattutto il marchio a fuoco infame della schiavitù, la sofferenza che per secoli ha arrecato agli uomini di colore. Una tragedia riattualizzata in cui tutti i protagonisti hanno un ruolo importante, in cui amore e morte vanno a braccetto, nonostante si tratti di un amore impossibile, di bianchi e neri, tra chi ha il potere e lo subisce, per colpa di regole da spazzar via ma che nemmeno la modernità ha cancellato del tutto.
Inaspettatamente bello, questo libro.


(Bol)

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