Oggi la Repubblica valeva la pena acquistarla soprattutto per l'articolo di Francesco Merlo e la lettera scritta da Ingrid Betancourt, dalla prigionia colombiana.
Una lettera che apre spiragli di speranza, dopo il video ritrovato, ma che non fa altro che confermare la ferocia delle FARC, che detengono la senatrice dal 2002.
Parole cariche d'amarezza e di sconforto, per una donna che da cinque anni ha perso la propria libertà, che vive "come una morta", unica prigioniera donna nel gruppo. Sopravvive "su un'amaca tesa fra due pali", non mangia, non può leggere nulla a parte la Bibbia. "Non ha più voglia di nulla", dice, e l'unica cosa che riesce a farla andare avanti è il ricordo e l'affetto dei propri cari.
Ringrazia la Francia, Chavez, ma non la Colombia, nè tanto meno il presidente Uribe.
"Bene Mamita, che Dio ci aiuti, ci guidi, ci dia la pazienza e ci protegga per sempre e addio", così conclude la lettera la Betancourt.
La situazione appare difficile, molto difficile, per questa donna a cui è stato portato via tutto, ed attende ancora che qualcuno faccia qualcosa per farle riottenere la libertà.
Ma come? Forse, con uno sforzo che veda impegnati Sarkozy, Chavez e Uribe verso un comune obiettivo, quello che ora appare ancora un miraggio sarà possibile.
(Wikipedia, Youtube)
domenica 2 dicembre 2007
Ingrid e la speranza della libertà
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