Per chi non lo sapesse, sono stato quattro giorni a Valencia.
Non solo paella, ovviamente.
Innanzitutto l’architettura di Santiago Calatrava e la sua imponente Città delle Arti e della Scienza: anche chi come me storce quasi sempre il naso di fronte alle costruzioni ipermoderne non può che restarne affascinato. Cinque straordinari edifici dalle forme “hi-tech”, come suggeriva qualcuno, che riescono comunque ad integrarsi nel tessuto cittadino senza snaturare il paesaggio di una città così carica di storia.
La sera poi, quando si accendono le luci e tutte le strutture si specchiano nelle superfici d’acqua che circondano questo polo futuristico, lo spettacolo è da mozzare il fiato.
Poi L’America’s Cup strappata – meritatamente – a Napoli, che rappresenta uno dei principali motori del fermento che pervade l’intera città.
E ancora Las Fallas che abbiamo perso per qualche giorno, con enormi costruzioni di polistirolo (mi suggerisce la valenciana) che prendono fuoco in un grandissimo e rapido falò notturno nelle principali piazze. Davvero un peccato non aver partecipato. Poco male, però: l’atmosfera di festa e l’alto tasso etilico non c’è di certo mancato.
Valencia: soprattutto un centro storico, pulsante, vivo, circondato da quello che prima era un fiume, ed oggi è un immenso giardino che sorge sul suo letto asciutto: i giardini del Turìa.
Le due imponenti torri del Serrano, con le porte che introducono alla città; le stradine per le quali è magico camminare e perdersi, passando per la caotica Plaza de Toros, la signorile Plaza de l’Ayuntamiento e la suggestiva Plaza de
Per divertirsi e tornare bambini, il Parco Gulliver è l’ideale; per rilassarsi e perdere un po’ di tempo, El Cort Engles il massimo.
E la vita notturna, ancora: fatta di locali e localini, discoteche affollatissime e baristi incapaci di fare cocktail, cento montaditos e uno straordinario spettacolo di flamenco. Indimenticabile.
La pioggia che ci ha accompagnato per quasi tutto il viaggio – come sempre fortunati, non c'è che dire – non ci ha spinto verso il mare: vabè, sarà per la prossima volta. Forse luglio?
Intanto, ricorderò per sempre l’ospitalità della cara studentessa erasmus che ci ha dato vitto e alloggio, le passeggiate per la città in buona compagnia, la signora ottantenne capo ultrà del Valencia ricoperta di spillette e le macchine parcheggiate in doppia fila senza freno a mano: se devi uscire e ti hanno bloccato, basta un attimo per spostarla. Questa sì che è civiltà.
E questa è Valencia, insomma.
sabato 31 marzo 2007
Quattro passi per Valencia
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Altolà!
RispondiEliminaLe Fallas non sfilano (son ferme ognuna nel suo barrio) e soprattutto sono di polistirolo!
la "cara studentessa erasmus"
Oh cacchio. Di polistirolo tutte? sai che puzza...
RispondiEliminaCorretto!
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