martedì 27 febbraio 2007

Finalmente, Martin!





Beh, sulla notte degli Oscar, ovviamente, si sono già versati litri di inchiostro e sprecate centinaia di pagine web.
Ma sul fatto che per decenni Martin Scorsese fosse stato ingiustamente dimenticato dall'Academy e che il trionfo – 4 statuette – di ieri notte sia solo una magra e ritardataria consolazione, ho anche io da dire la mia.
I
l piccolo regista newyorkese si è portato a casa, non proprio meritatamente, i due Oscar principali: Miglior film e Migliore regia per “The Departed”. Quest'anno sul grande schermo abbiamo visto molto di meglio – ammettiamolo, dai – ma sappiamo bene che da quelle parti non sempre vince il film migliore. E allora, più che un premio alla pellicola la statuetta appare più come un Oscar alla carriera – che è invece andato a Morricone, un altro che se lo meritava da tempo
Meglio tardi che mai, comunque: è proprio il caso di dirlo. Eh sì, perché sebbene il caro Martin non poteva non annoverare anche un Oscar tra i suoi innumerevoli premi in carriera, è anche innegabile che il piccoletto è da un po' che non ci regala pellicole memorabili.
Ma non poteva certo avviarsi alla fine della propria carriera cinematografica senza nemmeno un Oscar in saccoccia. Per sei volte, in passato, c'era già andato vicino, ma
non si poteva non premiarlo, insomma, dopo tutti i torti subiti in passato.
Ed il fatto che a consegnargli la statuetta siano stati
Lucas, Spielberg e Coppola (altri che, come lui, hanno rivoluzionato il modo di fare cinema tra gli anni Sessanta e Settanta), rende il tutto ancora più emblematico.
Questo, allora, mette tutto più o meno a posto. Scorsese finalmente sorride, dopo più di quarant'anni di formidabile carriera dietro la mdp, sul palco di quello spettacolone da circo che va in scena la notte degli Oscar.
Che queste statuette con la pelata non abbiano alcun valore, ormai, è un dato assodato. Registi immensi come Kubrick non sono mai stati considerati e non l’hanno mai vinto, basta questo per capire com'è la faccenda.
Comunque, resta un premio importante. Il più importante, ancora oggi.
Che arriva finalmente ad un regista virtuoso e originale che è stato ed è tuttora IL CINEMA. In questi quarant'anni di carriera Scorsese ci ha regalato capolavori indimenticabili quali Mean Streets, Taxi Driver, Fuori Orario, L’ultima tentazione di Cristo, Quei Bravi ragazzi, e mettiamoci pure Casinò.
Meritava un Oscar per ognuno di questi film, se davvero in quella serata si premiassero i film più belli dell’anno.
Non solo: ha scoperto e lanciato attori che sono ormai entrati di diritto nella storia del cinema, su tutti Robert De Niro e Harvey Keitel (con lui fin dal primo lungometraggio, Chi sta bussando alla mia porta).
Alla fine, dopo esserci andato vicino tante volte, ecco che è arrivata questa benedetta statuetta.
Quando ormai sono forse dieci anni che il suo tocco cinematografico non è più tagliente come prima, ed i suoi film sono sì – come sempre – apprezzabili, ma il suo stile si è ormai adagiato sui passati decenni di innovazione e originalità.
Forse è proprio per questo che il premio è arrivato solo ora. Ora che la fiamma del suo linguaggio filmico si è un po’ abbassata, i suoi sono diventati in tutto e per tutto film da Oscar. Addirittura quattro.
Lascio la parola a Youtube, ora: sbizzarritevi pure, con i suoi capolavori del passato, però.

Finalmente, Martin!





Beh, sulla notte degli Oscar, ovviamente, si sono già versati litri di inchiostro e sprecate centinaia di pagine web.
Ma sul fatto che per decenni Martin Scorsese fosse stato ingiustamente dimenticato dall'Academy e che il trionfo – 4 statuette – di ieri notte sia solo una magra e ritardataria consolazione, ho anche io da dire la mia.
I
l piccolo regista newyorkese si è portato a casa, non proprio meritatamente, i due Oscar principali: Miglior film e Migliore regia per “The Departed”. Quest'anno sul grande schermo abbiamo visto molto di meglio – ammettiamolo, dai – ma sappiamo bene che da quelle parti non sempre vince il film migliore. E allora, più che un premio alla pellicola la statuetta appare più come un Oscar alla carriera – che è invece andato a Morricone, un altro che se lo meritava da tempo
Meglio tardi che mai, comunque: è proprio il caso di dirlo. Eh sì, perché sebbene il caro Martin non poteva non annoverare anche un Oscar tra i suoi innumerevoli premi in carriera, è anche innegabile che il piccoletto è da un po' che non ci regala pellicole memorabili.
Ma non poteva certo avviarsi alla fine della propria carriera cinematografica senza nemmeno un Oscar in saccoccia. Per sei volte, in passato, c'era già andato vicino, ma
non si poteva non premiarlo, insomma, dopo tutti i torti subiti in passato.
Ed il fatto che a consegnargli la statuetta siano stati
Lucas, Spielberg e Coppola (altri che, come lui, hanno rivoluzionato il modo di fare cinema tra gli anni Sessanta e Settanta), rende il tutto ancora più emblematico.
Questo, allora, mette tutto più o meno a posto. Scorsese finalmente sorride, dopo più di quarant'anni di formidabile carriera dietro la mdp, sul palco di quello spettacolone da circo che va in scena la notte degli Oscar.
Che queste statuette con la pelata non abbiano alcun valore, ormai, è un dato assodato. Registi immensi come Kubrick non sono mai stati considerati e non l’hanno mai vinto, basta questo per capire com'è la faccenda.
Comunque, resta un premio importante. Il più importante, ancora oggi.
Che arriva finalmente ad un regista virtuoso e originale che è stato ed è tuttora IL CINEMA. In questi quarant'anni di carriera Scorsese ci ha regalato capolavori indimenticabili quali Mean Streets, Taxi Driver, Fuori Orario, L’ultima tentazione di Cristo, Quei Bravi ragazzi, e mettiamoci pure Casinò.
Meritava un Oscar per ognuno di questi film, se davvero in quella serata si premiassero i film più belli dell’anno.
Non solo: ha scoperto e lanciato attori che sono ormai entrati di diritto nella storia del cinema, su tutti Robert De Niro e Harvey Keitel (con lui fin dal primo lungometraggio, Chi sta bussando alla mia porta).
Alla fine, dopo esserci andato vicino tante volte, ecco che è arrivata questa benedetta statuetta.
Quando ormai sono forse dieci anni che il suo tocco cinematografico non è più tagliente come prima, ed i suoi film sono sì – come sempre – apprezzabili, ma il suo stile si è ormai adagiato sui passati decenni di innovazione e originalità.
Forse è proprio per questo che il premio è arrivato solo ora. Ora che la fiamma del suo linguaggio filmico si è un po’ abbassata, i suoi sono diventati in tutto e per tutto film da Oscar. Addirittura quattro.
Lascio la parola a Youtube, ora: sbizzarritevi pure, con i suoi capolavori del passato, però.

mercoledì 21 febbraio 2007

L'insonnia

"L'insonnia è un disturbo del sonno caratterizzato dall'impossibilità di addormentarsi o di dormire per un tempo ragionevole durante la notte.
Coloro che soffrono di insonnia di solito lamentano di non essere in grado di dormire che per pochi minuti alla volta o di agitarsi nel letto durante la notte. Se l'insonnia continua per più di alcune notti di seguito può divenire "cronica" e causare un
deficit nel sonno che è estremamente nocivo per la salute dell'insonne. L'insonnia altera il naturale ciclo del sonno, ciò può risultare difficile da restaurare. Alcuni insonni non saggiamente continuano a lamentarsi sebbene cerchino di dormire nel pomeriggio o nella prima serata col risultato di ritrovarsi all'ora di dormire molto vigili aggravando l'insonnia. Altri spingono il loro corpo fino ai propri limiti, sin quando la mancanza di sonno causa gravi problemi fisici e mentali".


La wikipedia parla chiaro, e leggerlo quasi mette i brividi addosso.
Ma a viverla, l'insonnia, è tutta un'altra cosa. Cioè, è molto peggio di quello che si possa immaginare. Ma tanto io la prendo a ridere, fin quando non mi verrà un accidente.
I miei occhietti appiccicosi ormai si chiudono per 3 o 4 ore per notte. Quando mio padre si sveglia verso le 3 per fare la pipì e mi vede ancora sveglio, mi borbotta frasi sconnesse in qualche lingua morta prima di dirigersi verso la tazza. Io l'ascolto con la coda dell'orecchio, ma questo di certo non mi concilia il sonno.
E' che io ci provo ogni volta a spiegarglielo, ho anche adottato un ampio ventaglio di frasi standard da usare per farglielo capire. Non mi pare abbia apprezzato, e mentre tira lo sciacquone lo sento che farfuglia ancora qualcosa con aria abbastanza incazzata.
Ma io non è che goda di questa situazione: la faccenda, anzi, inizia a diventare pesante.
Sono bello sveglio e pimpante davanti al pc almeno fino a quest'ora, più o meno. Le due, le tre, certe volte pure le quattro.
Poi crollo, la testa ciondola un paio di volte, mi accascio prima sulla tastiera ma con un ultimo gesto arrancante riesco a trascinarmi sotto le coperte.
Problema risolto? Macché. Alle 7, con grande piacere del corpo e dello spirito, occhi di nuovo sbarrati nella penombra della camera. Mi sveglio così, di soprassalto, con il mezzo ricordo di un mezzo incubo e la consapevolezza di una giornata pesantuccia che mi aspetta.
Giornata misurabile attraverso una pratica pagella, che illustra più o meno quali siano le principali caratteristiche del mio vivere in società senza alle spalle un sonno regolare:
Livello d'attenzione: 3.
Reattività: 2 e mezzo.
Voglia di parlare: zero.
Voglia di stringere solide relazioni interpersonali nei vari momenti della giornata: - 1.
Capacità di dire sempre le cose sbagliate al momento sbagliato: 10 e lode.
Qualità dei vari lavori e compiti da svolgere: n.g.
Verso le quattro del pomeriggio, immancabile, un bell'abbiocco. Ma è solo una breve parentesi, quasi una speranza irrealizzabile. Infatti, manco a farlo apposta, mi riprendo subito e son di nuovo nel tunnel.
Con il cervello ancora in stand by la giornata continua ma il mio umore è sotto le scarpe, mentre le occhiaie sono ormai due profondi solchi che si intonano alla perfezione col set completo di borse sotto gli occhi.
L'insonnia. Alla fine sto iniziando quasi a vantarmi, faccio il bullo con gli amici, mi gioco questa carta anche durante l'abbordaggio. Non crea quasi mai l'effetto sperato, ma questo è probabilmente connesso al 10 e lode della pagella di qualche rigo più su.
Ma l'insonnia è anche simpatica e birbantella, a suo modo. Perché proprio mentre sembra che abbia scacciato totalmente la voglia di dormire, questa ritorna di soppiatto dalla porta di servizio senza nemmeno avvertire. E quando si presenta è davvero un piacere. Come ora.
E allora forse, in anticipo rispetto ai miei soliti tempi, ne approfitto e vado a dormire.
Per recuperare a pieno il sonno perduto, probabilmente avrei bisogno almeno di un paio di anni, forse più. Ma anche un'ora, in questi casi, è di fondamentale importanza per riacquistare un minimo di lucidità.
E allora vado a letto, và, prima che mi paszzzzzzzzzzz......

L'insonnia

"L'insonnia è un disturbo del sonno caratterizzato dall'impossibilità di addormentarsi o di dormire per un tempo ragionevole durante la notte.
Coloro che soffrono di insonnia di solito lamentano di non essere in grado di dormire che per pochi minuti alla volta o di agitarsi nel letto durante la notte. Se l'insonnia continua per più di alcune notti di seguito può divenire "cronica" e causare un
deficit nel sonno che è estremamente nocivo per la salute dell'insonne. L'insonnia altera il naturale ciclo del sonno, ciò può risultare difficile da restaurare. Alcuni insonni non saggiamente continuano a lamentarsi sebbene cerchino di dormire nel pomeriggio o nella prima serata col risultato di ritrovarsi all'ora di dormire molto vigili aggravando l'insonnia. Altri spingono il loro corpo fino ai propri limiti, sin quando la mancanza di sonno causa gravi problemi fisici e mentali".


La wikipedia parla chiaro, e leggerlo quasi mette i brividi addosso.
Ma a viverla, l'insonnia, è tutta un'altra cosa. Cioè, è molto peggio di quello che si possa immaginare. Ma tanto io la prendo a ridere, fin quando non mi verrà un accidente.
I miei occhietti appiccicosi ormai si chiudono per 3 o 4 ore per notte. Quando mio padre si sveglia verso le 3 per fare la pipì e mi vede ancora sveglio, mi borbotta frasi sconnesse in qualche lingua morta prima di dirigersi verso la tazza. Io l'ascolto con la coda dell'orecchio, ma questo di certo non mi concilia il sonno.
E' che io ci provo ogni volta a spiegarglielo, ho anche adottato un ampio ventaglio di frasi standard da usare per farglielo capire. Non mi pare abbia apprezzato, e mentre tira lo sciacquone lo sento che farfuglia ancora qualcosa con aria abbastanza incazzata.
Ma io non è che goda di questa situazione: la faccenda, anzi, inizia a diventare pesante.
Sono bello sveglio e pimpante davanti al pc almeno fino a quest'ora, più o meno. Le due, le tre, certe volte pure le quattro.
Poi crollo, la testa ciondola un paio di volte, mi accascio prima sulla tastiera ma con un ultimo gesto arrancante riesco a trascinarmi sotto le coperte.
Problema risolto? Macché. Alle 7, con grande piacere del corpo e dello spirito, occhi di nuovo sbarrati nella penombra della camera. Mi sveglio così, di soprassalto, con il mezzo ricordo di un mezzo incubo e la consapevolezza di una giornata pesantuccia che mi aspetta.
Giornata misurabile attraverso una pratica pagella, che illustra più o meno quali siano le principali caratteristiche del mio vivere in società senza alle spalle un sonno regolare:
Livello d'attenzione: 3.
Reattività: 2 e mezzo.
Voglia di parlare: zero.
Voglia di stringere solide relazioni interpersonali nei vari momenti della giornata: - 1.
Capacità di dire sempre le cose sbagliate al momento sbagliato: 10 e lode.
Qualità dei vari lavori e compiti da svolgere: n.g.
Verso le quattro del pomeriggio, immancabile, un bell'abbiocco. Ma è solo una breve parentesi, quasi una speranza irrealizzabile. Infatti, manco a farlo apposta, mi riprendo subito e son di nuovo nel tunnel.
Con il cervello ancora in stand by la giornata continua ma il mio umore è sotto le scarpe, mentre le occhiaie sono ormai due profondi solchi che si intonano alla perfezione col set completo di borse sotto gli occhi.
L'insonnia. Alla fine sto iniziando quasi a vantarmi, faccio il bullo con gli amici, mi gioco questa carta anche durante l'abbordaggio. Non crea quasi mai l'effetto sperato, ma questo è probabilmente connesso al 10 e lode della pagella di qualche rigo più su.
Ma l'insonnia è anche simpatica e birbantella, a suo modo. Perché proprio mentre sembra che abbia scacciato totalmente la voglia di dormire, questa ritorna di soppiatto dalla porta di servizio senza nemmeno avvertire. E quando si presenta è davvero un piacere. Come ora.
E allora forse, in anticipo rispetto ai miei soliti tempi, ne approfitto e vado a dormire.
Per recuperare a pieno il sonno perduto, probabilmente avrei bisogno almeno di un paio di anni, forse più. Ma anche un'ora, in questi casi, è di fondamentale importanza per riacquistare un minimo di lucidità.
E allora vado a letto, và, prima che mi paszzzzzzzzzzz......

lunedì 19 febbraio 2007

Download di scorregge

Allora: io mi rendo conto di essere alle volte un po’ troppo pesante.
Sto sempre lì a fare il moralista dietro ad uno schermo e una tastiera, e alle volte forse rischio anche di esagerare coi miei sproloqui.
Ma ti trovi ad accendere la tv – cosa che fai sempre più di rado – e la prima cosa che incontri sono due scimmiette che sponsorizzano una suoneria per il cellulare.
E fin qui niente di anormale, tranne per il fatto che le due scimmie protagoniste dello spot si chiamano Eggio e Score (invertite i nomi e inorridite davanti al tristissimo gioco di parole), e che la suoneria è realizzate con simpatici peti di varia lunghezza e tonalità.
Sarà che mi scandalizzo presto, e non riesco proprio a capire come certe schifezze possano andare in tv (nonostante la De Filippi e Buona Domenica ancora non l’ho capito, no).
Sarà che sono vecchio dentro, ed io il cellulare lo uso solo per chiamare e ricevere, di tanto in tanto mando un sms.
Sarà che non riesco proprio a trovare divertente una suoneria musicale fatta di scorregge anziché di note, e soprattutto il fatto che ci siano persone talmente cerebrolese da spendere 2 o 3 euro per scaricare trenta secondi di peti per il proprio cellulare.
Ma ormai credo che con Eggio & Score il fondo del barile sia ormai ampiamente raggiunto.
E, augurando a tutti quelli che hanno scaricato la petosuoneria che possa suonare proprio mentre si trovano ad un colloquio di lavoro, o ad abbordare la donna dei sogni, mi ritiro nel mio mondo nel quale ogni tanto, se qualche flatulenza ci scappa, per lo meno è reale.

Download di scorregge

Allora: io mi rendo conto di essere alle volte un po’ troppo pesante.
Sto sempre lì a fare il moralista dietro ad uno schermo e una tastiera, e alle volte forse rischio anche di esagerare coi miei sproloqui.
Ma ti trovi ad accendere la tv – cosa che fai sempre più di rado – e la prima cosa che incontri sono due scimmiette che sponsorizzano una suoneria per il cellulare.
E fin qui niente di anormale, tranne per il fatto che le due scimmie protagoniste dello spot si chiamano Eggio e Score (invertite i nomi e inorridite davanti al tristissimo gioco di parole), e che la suoneria è realizzate con simpatici peti di varia lunghezza e tonalità.
Sarà che mi scandalizzo presto, e non riesco proprio a capire come certe schifezze possano andare in tv (nonostante la De Filippi e Buona Domenica ancora non l’ho capito, no).
Sarà che sono vecchio dentro, ed io il cellulare lo uso solo per chiamare e ricevere, di tanto in tanto mando un sms.
Sarà che non riesco proprio a trovare divertente una suoneria musicale fatta di scorregge anziché di note, e soprattutto il fatto che ci siano persone talmente cerebrolese da spendere 2 o 3 euro per scaricare trenta secondi di peti per il proprio cellulare.
Ma ormai credo che con Eggio & Score il fondo del barile sia ormai ampiamente raggiunto.
E, augurando a tutti quelli che hanno scaricato la petosuoneria che possa suonare proprio mentre si trovano ad un colloquio di lavoro, o ad abbordare la donna dei sogni, mi ritiro nel mio mondo nel quale ogni tanto, se qualche flatulenza ci scappa, per lo meno è reale.

sabato 17 febbraio 2007

Lynch Empire



Chi è David Lynch?  


Un pazzo visionario, un genio incompreso, un regista fin troppo complesso e incomprensibile.
Le sue anime multiformi si sovrappongono e confondo in un mosaico sempre imprevedibile, così come ogni sua pellicola, d’altra parte.
Lynch è nato 61 anni fa e come prima cosa dipinge. Poi, trasporta la visionarietà delle sue tele su pellicola, realizzando i primi corti in bianco e nero nei quali sposa alla perfezione scenari surreali e immagini allegoriche.



Gira dei corti, alcuni di un impatto visivo terrificante. Su Youtube ce ne sono alcuni, per capire un po’ che intendo.



Poi, inizia a dirigere lungometraggi.



Giusto per partire in sordina, senza esagerare, partorisce un manifesto della propria poetica allucinata e allucinante che ha per titolo Eraserhead (La mente che cancella), nel quale fa tutto – ma proprio tutto – in proprio. E crea un’opera che a quasi trent’anni dalla realizzazione lascia a bocca aperta come la prima volta



Film inclassificabile, visivamente esplosivo, narrativamente delirante, permette subito a Lynch di diventare, se non un regista amato, per lo meno molto conosciuto per il proprio stile.



Così il passo successivo è un tuffo direttamente nel pieno di Hollywood, con lo straordinario The elephant man, nel quale la potenza visiva del bianco e nero usato per descrivere la vita e la morte di Joseph, - John – Merrick, uomo elefante passato rapidamente da fenomeno da baraccone a personaggio amato anche dalla nobiltà inglese.



Dopo questa parentesi hollywoodiana (forse forzata?), nella quale il genio lynchiano ha dovuto adeguarsi ad alcuni canoni cinematografici tradizionali, riemerge il genio delirante: dapprima Dune, budget enorme e successo commerciale minimo.


Ma ancora una volta una pellicola di una potenza visiva incredibile. Poi seguiranno i deliri erotici di Velluto Blu, il contestato Cuore Selvaggio – Palma d’Oro a Cannes, la parentesi televisiva con le 30 puntate di Twin Peaks", il contorto rompicapo di Strade perdute e le storie oniriche di Mulholland Drive, nel 2001..




La frase più usata e abusata per descrivere il regista? O lo si ama, o lo si odia. Il che è vero, anzi per Lynch è la cosa più ovvia che si possa dire. Perché Lynch è straripante, aggressivo, eccessivo, sperimentale e imprevedibile come pochi altri registi sanno essere.
La sua inquadratura si riconosce tra mille, i suoi esperimenti visivi non hanno ancora trovato epigoni.




E la sua importanza nel mondo cinematografico contemporaneo Lynch la dimostra di nuovo in INLAND EMPIRE, sei anni dopo l'ultimo film.
Arte? Video-arte? Cinema del futuro?
Ancora non so. Certo è che più che un film, INLAND EMPIRE è un’esperienza.
Unica, irripetibile. Senza connotazioni positive o negative. Io non ho mai vissuto al cinema quello che ho vissuto stasera. Non ho mai visto sul grande schermo una cosa simile.
INLAND EMPIRE è la morte del cinema, e la rinascita di un nuovo cinema. Una sorta di flusso di coscienza in fotogrammi, in una storia che storia in realtà non è. Non c’è trama, o meglio la trama è così complessa - forse impossibile da comprendere - che è inutile parlarne.
Restano le immagini, le associazioni di idee, una colonna sonora da paura, e tutta una serie di emozioni che è quasi impossibile spiegare.
Il film in questione, come molti altri di Lynch, non finisce ai titoli di coda ma continua nella mente per ore, forse giorni. Cresce dentro e ti fa andare in pappa il cervello, volendo citare la spigolosa Laura Dern della pellicola.
Alle volte viene da pensare che ad un genio riconosciuto come Lynch sia tutto permesso, data l’autorevolezza, e che INLAND EMPIRE sia un modo per prendersi gioco dello spettatore con una storia che non sembra avere né capo né coda.
Io questo ancora non lo so. Ma so che sono letteralmente sconcertato da quello che ho visto.
Un meta-film, forse un meta-meta-film, con 4-5 piani narrativi che si sovrappongono e si intrecciano disorientando continuamente lo spettatore mentre lo spazio ed il tempo che si annullano e si contorcono senza sosta, creando quantità infinite di mondi paralleli.
Di sicuro, INLAND EMPIRE non può lasciare indifferenti: privarvi di una simile visione e non abbandonarvi a queste 3 ore di film, sospese tra realtà, sogno ed incubo, significa perdere un’esperienza indimenticabile.


Lynch Empire



Chi è David Lynch?  


Un pazzo visionario, un genio incompreso, un regista fin troppo complesso e incomprensibile.
Le sue anime multiformi si sovrappongono e confondo in un mosaico sempre imprevedibile, così come ogni sua pellicola, d’altra parte.
Lynch è nato 61 anni fa e come prima cosa dipinge. Poi, trasporta la visionarietà delle sue tele su pellicola, realizzando i primi corti in bianco e nero nei quali sposa alla perfezione scenari surreali e immagini allegoriche.



Gira dei corti, alcuni di un impatto visivo terrificante. Su Youtube ce ne sono alcuni, per capire un po’ che intendo.



Poi, inizia a dirigere lungometraggi.



Giusto per partire in sordina, senza esagerare, partorisce un manifesto della propria poetica allucinata e allucinante che ha per titolo Eraserhead (La mente che cancella), nel quale fa tutto – ma proprio tutto – in proprio. E crea un’opera che a quasi trent’anni dalla realizzazione lascia a bocca aperta come la prima volta



Film inclassificabile, visivamente esplosivo, narrativamente delirante, permette subito a Lynch di diventare, se non un regista amato, per lo meno molto conosciuto per il proprio stile.



Così il passo successivo è un tuffo direttamente nel pieno di Hollywood, con lo straordinario The elephant man, nel quale la potenza visiva del bianco e nero usato per descrivere la vita e la morte di Joseph, - John – Merrick, uomo elefante passato rapidamente da fenomeno da baraccone a personaggio amato anche dalla nobiltà inglese.



Dopo questa parentesi hollywoodiana (forse forzata?), nella quale il genio lynchiano ha dovuto adeguarsi ad alcuni canoni cinematografici tradizionali, riemerge il genio delirante: dapprima Dune, budget enorme e successo commerciale minimo.


Ma ancora una volta una pellicola di una potenza visiva incredibile. Poi seguiranno i deliri erotici di Velluto Blu, il contestato Cuore Selvaggio – Palma d’Oro a Cannes, la parentesi televisiva con le 30 puntate di Twin Peaks", il contorto rompicapo di Strade perdute e le storie oniriche di Mulholland Drive, nel 2001..




La frase più usata e abusata per descrivere il regista? O lo si ama, o lo si odia. Il che è vero, anzi per Lynch è la cosa più ovvia che si possa dire. Perché Lynch è straripante, aggressivo, eccessivo, sperimentale e imprevedibile come pochi altri registi sanno essere.
La sua inquadratura si riconosce tra mille, i suoi esperimenti visivi non hanno ancora trovato epigoni.




E la sua importanza nel mondo cinematografico contemporaneo Lynch la dimostra di nuovo in INLAND EMPIRE, sei anni dopo l'ultimo film.
Arte? Video-arte? Cinema del futuro?
Ancora non so. Certo è che più che un film, INLAND EMPIRE è un’esperienza.
Unica, irripetibile. Senza connotazioni positive o negative. Io non ho mai vissuto al cinema quello che ho vissuto stasera. Non ho mai visto sul grande schermo una cosa simile.
INLAND EMPIRE è la morte del cinema, e la rinascita di un nuovo cinema. Una sorta di flusso di coscienza in fotogrammi, in una storia che storia in realtà non è. Non c’è trama, o meglio la trama è così complessa - forse impossibile da comprendere - che è inutile parlarne.
Restano le immagini, le associazioni di idee, una colonna sonora da paura, e tutta una serie di emozioni che è quasi impossibile spiegare.
Il film in questione, come molti altri di Lynch, non finisce ai titoli di coda ma continua nella mente per ore, forse giorni. Cresce dentro e ti fa andare in pappa il cervello, volendo citare la spigolosa Laura Dern della pellicola.
Alle volte viene da pensare che ad un genio riconosciuto come Lynch sia tutto permesso, data l’autorevolezza, e che INLAND EMPIRE sia un modo per prendersi gioco dello spettatore con una storia che non sembra avere né capo né coda.
Io questo ancora non lo so. Ma so che sono letteralmente sconcertato da quello che ho visto.
Un meta-film, forse un meta-meta-film, con 4-5 piani narrativi che si sovrappongono e si intrecciano disorientando continuamente lo spettatore mentre lo spazio ed il tempo che si annullano e si contorcono senza sosta, creando quantità infinite di mondi paralleli.
Di sicuro, INLAND EMPIRE non può lasciare indifferenti: privarvi di una simile visione e non abbandonarvi a queste 3 ore di film, sospese tra realtà, sogno ed incubo, significa perdere un’esperienza indimenticabile.


Ho visto cose...

Britney Spears, skinhead.
(Si fa per scherzare, eh. Ma perché, di grazia, si è rapata a zero?)

(Corriere)

Ho visto cose...

Britney Spears, skinhead.
(Si fa per scherzare, eh. Ma perché, di grazia, si è rapata a zero?)

(Corriere)

Il primo dio

"Dire qualcosa mentre si è rapiti dall'uragano
Ecco l'unico fatto che possa compensarmi
di non essere io l'uragano".

Emidio Clementi, Massimo Volume

Il primo dio

"Dire qualcosa mentre si è rapiti dall'uragano
Ecco l'unico fatto che possa compensarmi
di non essere io l'uragano".

Emidio Clementi, Massimo Volume

venerdì 16 febbraio 2007

Lou Reed, Tatters

Tatters di Lou Reed – contenuta in Ecstasy, 2000 - è un soffio leggero di quotidianità posato sugli arpeggi di una chitarra.
E’ una passeggiata di notte senza sapere dove andare, mentre uno spicchio di luna che si riflette in una pozzanghera sul marciapiede.
Sono 5 minuti e 55 secondi in cui il caro Lou – mai invecchiato, mai banale, mai deludente – ti accompagna per mano, ti sussurra in un orecchio e ti presenta la sua vita ridotta a brandelli.  
Oppure te lo immagini lì, nella penombra di un bar fumoso e opprimente, mentre vomita sul microfono le sue sofferenze: con il solito stile ed una voce che lascia senza fiato.
Lo vedi, mentre sorseggia con amarezza l’ennesimo whisky e coca, si volta lentamente e abbozza un amaro sorriso, a testimoniare la sua delusione cocente d'amore.
Una ballata elegante e seducente, che parte in sordina – tutt’avvolta da una morbida ritmica di chitarra - per poi finire con un entusiasmante crescendo di fiati. Che valgono da solo l’ascolto di tutto il cd, che anche se risale ormai a sette anni fa è sempre magico come la prima volta che l’ascolti.



Some couples live in harmony
Some do not
Some couples yell and scream
Some do not
But what you said was something
That I can’t forget
It echoes in my head
Like a bullet made of lead
Some people yell and scream
And some do not
Some people sacrifice their lives
And some do not
Some people wait for sleep
To take them away
While others read books endlessly
Hoping problems will go away
I know you’re hoping everything
Works out
Neither one of us is
The type who shouts
You sleep in the bedroom
While I pace up and down the hall
Our baby stares at both of us
Wondering which one of us to call



I guess it’s true that not
Every match burns bright
I guess it’s true
Not all that I say is right
But what you said still bounces
Around in my head
Who thought this could happen to us
When we first went to bed
I’m told in the end
That none of this matters
All couples have troubles
And none of this matters
But what you said
Still echoes in my head
And I’m still in the hallway
Downstairs sleeping alone instead



I know you don’t care
But here’s my last thought
Not that it matters
But here’s the last thing I thought
Our little thing is lying
Here in tatters
And you my dear
Don’t have any manners
Sad to leave this way
To leave it all in tatters
Saddening to leave this way
To leave it all in tatters
I suppose that we all could say
That nothing of it matters
Still it’s sad
To see everything in tatters

Lou Reed, Tatters

Tatters di Lou Reed – contenuta in Ecstasy, 2000 - è un soffio leggero di quotidianità posato sugli arpeggi di una chitarra.
E’ una passeggiata di notte senza sapere dove andare, mentre uno spicchio di luna che si riflette in una pozzanghera sul marciapiede.
Sono 5 minuti e 55 secondi in cui il caro Lou – mai invecchiato, mai banale, mai deludente – ti accompagna per mano, ti sussurra in un orecchio e ti presenta la sua vita ridotta a brandelli.  
Oppure te lo immagini lì, nella penombra di un bar fumoso e opprimente, mentre vomita sul microfono le sue sofferenze: con il solito stile ed una voce che lascia senza fiato.
Lo vedi, mentre sorseggia con amarezza l’ennesimo whisky e coca, si volta lentamente e abbozza un amaro sorriso, a testimoniare la sua delusione cocente d'amore.
Una ballata elegante e seducente, che parte in sordina – tutt’avvolta da una morbida ritmica di chitarra - per poi finire con un entusiasmante crescendo di fiati. Che valgono da solo l’ascolto di tutto il cd, che anche se risale ormai a sette anni fa è sempre magico come la prima volta che l’ascolti.



Some couples live in harmony
Some do not
Some couples yell and scream
Some do not
But what you said was something
That I can’t forget
It echoes in my head
Like a bullet made of lead
Some people yell and scream
And some do not
Some people sacrifice their lives
And some do not
Some people wait for sleep
To take them away
While others read books endlessly
Hoping problems will go away
I know you’re hoping everything
Works out
Neither one of us is
The type who shouts
You sleep in the bedroom
While I pace up and down the hall
Our baby stares at both of us
Wondering which one of us to call



I guess it’s true that not
Every match burns bright
I guess it’s true
Not all that I say is right
But what you said still bounces
Around in my head
Who thought this could happen to us
When we first went to bed
I’m told in the end
That none of this matters
All couples have troubles
And none of this matters
But what you said
Still echoes in my head
And I’m still in the hallway
Downstairs sleeping alone instead



I know you don’t care
But here’s my last thought
Not that it matters
But here’s the last thing I thought
Our little thing is lying
Here in tatters
And you my dear
Don’t have any manners
Sad to leave this way
To leave it all in tatters
Saddening to leave this way
To leave it all in tatters
I suppose that we all could say
That nothing of it matters
Still it’s sad
To see everything in tatters

Il vuoto

Come Dave, anche io ho seri, serissimi problemi con l'ascolto del nuovo singolo di Franco Battiato: "Il vuoto", in tutti i sensi.

(Daveblog, Youtube)

Il vuoto

Come Dave, anche io ho seri, serissimi problemi con l'ascolto del nuovo singolo di Franco Battiato: "Il vuoto", in tutti i sensi.

(Daveblog, Youtube)

The times are changing

Oddio: m'hanno sgonfiato pure l'omino della Michelin.

(Corriere)

The times are changing

Oddio: m'hanno sgonfiato pure l'omino della Michelin.

(Corriere)

martedì 13 febbraio 2007

Non ci sono santi

No, fermi tutti. Pensavate non lo facessi? Invece l’ho fatto.
Quest’anno il post sarcastico sul San Valentino ci sta proprio tutto.
No è perché per troppi anni ho vissuto la speculazione sanvalentiniana sulla mia pelle, accumulando rancore nei confronti di ogni cosa avesse la forma di un tubo o di una scatola a forma di cuore acquistata all’ultimo minuto.
Per troppo tempo ho vissuto con angoscia il pensiero del doverla portare fuori (non la scatola, la mia bella): ma perché poi non vanno bene tutti gli altri giorni dell’anno proprio il 14 febbraio che si paga un botto e  ti tocca prenotare almeno 10 giorni prima e poi ti danno il tavolo scadente, ti servono male e finisci con l’intossicarti e litigare a morte perdendo pure la chance di barattare la cena offerta con una notte – una, almeno – di passione?
No, di San Valentini inutili e dimenticabili ne ho vissuti fin troppi, per non poter guardare con un misto di derisione e sconforto  tutte le coppie che oggi faranno la solita corsa al cioccolatino, gli uomini che si fionderanno all’ultimo minuto dal fioraio per comprare l’unico mazzo di rose dell’anno, alle donne che entusiaste scarteranno il regalo appena ricevuto, mentre il portafogli del fidanzato piange ed il proprietario del ristorante, dietro al bancone, è già pronto a gonfiare il conto di una decina d’euro.

Non ci sono santi

No, fermi tutti. Pensavate non lo facessi? Invece l’ho fatto.
Quest’anno il post sarcastico sul San Valentino ci sta proprio tutto.
No è perché per troppi anni ho vissuto la speculazione sanvalentiniana sulla mia pelle, accumulando rancore nei confronti di ogni cosa avesse la forma di un tubo o di una scatola a forma di cuore acquistata all’ultimo minuto.
Per troppo tempo ho vissuto con angoscia il pensiero del doverla portare fuori (non la scatola, la mia bella): ma perché poi non vanno bene tutti gli altri giorni dell’anno proprio il 14 febbraio che si paga un botto e  ti tocca prenotare almeno 10 giorni prima e poi ti danno il tavolo scadente, ti servono male e finisci con l’intossicarti e litigare a morte perdendo pure la chance di barattare la cena offerta con una notte – una, almeno – di passione?
No, di San Valentini inutili e dimenticabili ne ho vissuti fin troppi, per non poter guardare con un misto di derisione e sconforto  tutte le coppie che oggi faranno la solita corsa al cioccolatino, gli uomini che si fionderanno all’ultimo minuto dal fioraio per comprare l’unico mazzo di rose dell’anno, alle donne che entusiaste scarteranno il regalo appena ricevuto, mentre il portafogli del fidanzato piange ed il proprietario del ristorante, dietro al bancone, è già pronto a gonfiare il conto di una decina d’euro.

Smashing back


Preparatevi a leccarvi i baffi, sgranare gli occhi, rimuovere i paraorecchie musicali.
E segnatevi bene in mente questa data: 7 luglio 2007, data dell’uscita di Zeitgeist, il nuovo disco degli Smashing Pumpkins.

Smashing back


Preparatevi a leccarvi i baffi, sgranare gli occhi, rimuovere i paraorecchie musicali.
E segnatevi bene in mente questa data: 7 luglio 2007, data dell’uscita di Zeitgeist, il nuovo disco degli Smashing Pumpkins.

mercoledì 7 febbraio 2007

Videochiamami

Questo è Luke Johnson che ci presenta il suo particolare esperimento, attraverso un video sul solito Youtube.
Eccolo lì, il biondino americano che diffonde via web il proprio numero di cellulare: si tratta del "Luke Johnson Phone Experiment", realizzato - a detta sua - per capire la potenza di internet come mezzo di diffusione e per analizzare le tendenze degli internauti.
In parole povere, lui dà il numero, e poi non fa altro che aspettare telefonate da sconosciuti.
Io non lo chiamerei neanche se avessi soldi da buttare, è chiaro, ma invece pare che un numero notevole di persone, dopo aver visto il video - ripreso anche dalla televisione americana - sia entrato in contatto con Luke anche soltanto per salutarlo.
Ho già detto e ribadito che il web e soprattutto Youtube sono una fucina instancabile personaggi fuori di testa a loro modo geniali, e questo video ne è ancora una volta una conferma.
Soprattutto se, come credo, si ha una scheda dotata di autoricarica.


(Youtube)

Videochiamami

Questo è Luke Johnson che ci presenta il suo particolare esperimento, attraverso un video sul solito Youtube.
Eccolo lì, il biondino americano che diffonde via web il proprio numero di cellulare: si tratta del "Luke Johnson Phone Experiment", realizzato - a detta sua - per capire la potenza di internet come mezzo di diffusione e per analizzare le tendenze degli internauti.
In parole povere, lui dà il numero, e poi non fa altro che aspettare telefonate da sconosciuti.
Io non lo chiamerei neanche se avessi soldi da buttare, è chiaro, ma invece pare che un numero notevole di persone, dopo aver visto il video - ripreso anche dalla televisione americana - sia entrato in contatto con Luke anche soltanto per salutarlo.
Ho già detto e ribadito che il web e soprattutto Youtube sono una fucina instancabile personaggi fuori di testa a loro modo geniali, e questo video ne è ancora una volta una conferma.
Soprattutto se, come credo, si ha una scheda dotata di autoricarica.


(Youtube)

Concordo

Un grande Aldo Grasso sull'insopportabile moralismo delle Iene.

(Corriere)

Concordo

Un grande Aldo Grasso sull'insopportabile moralismo delle Iene.

(Corriere)

martedì 6 febbraio 2007

Terzani

Se qualcuno mi chiedesse cos'è per me Tiziano Terzani, risponderei: "l'estate".
E se qualcuno a questa mia risposta mi dicesse: "Ma che cosa significa?", spiegherei col sorriso sulle labbra che Tiziano ha accompagnato con i suoi libri, i suoi racconti, i suoi spicchi di mondo trasportati su carta, le mie ultime 2 estati.
Iniziai nel 2005, con un Pelle di Leopardo acquistato all'ultimo secondo prima di partire per Palermo. C'erano le offerte della Tea, io ovviamente mi tuffai come un'ape sul miele - quando si tratta di risparmiare sui libri, mi trovate sempre disponibile.
Per farla breve, lo comprai e lo divorai in poco più di una settimana.
Lo portavo ogni giorno a mare e mi si bagnava sempre, ricordo, e mentre le pagine piano piano si si chiazzavano di gocce salate e la copertina rossa scoloriva, io capivo davvero qualcosa della guerra in Vietnam.
E' grazie ai racconti di Terzani che ho rivissuto e compreso sul serio la morte e la devastazione di quel conflitto. Ho visto il Vietnam e le sue macchie, la pelle di leopardo del titolo.
E, sempre grazie a lui,  mi sono anche innamorato della sua figura di reporter-narratore che osserva il mondo con sguardo originale e mai banale.
Appena chiuso il libro, una mattina a Palermo, ho preferito boicottare il mare e far finta di andare per negozi. In realtà cercavo una libreria ben fornita.
In realtà cercavo Terzani e le sue Storie.
In Asia, quindi, è stato un passo obbligato. Splendida raccolta di articolo che descrivono e parlano di quel continente meglio di tutti quei libri scritti da chi quella civiltà non l'ha mai vissuta per decenni sulla propria persona.
Terzani, che in Asia ci ha vissuto per gran parte della sua vita, aveva quella capacità - unica e affascinante - di raccontate con la stessa passione e curiosità piccoli e grandi avvenimenti, stravolgimenti politici ed episodi marginali di quelle terre che così poco conosciamo.
Poi io e Tiziano ci siamo salutati, per quasi un anno, e ci siamo rincontrati nell'estate del 2006, quando Un indovino mi disse ha riempito il mio luglio e nella borsa preparata all'ultimo minuto - direzione Sicilia orientale - ho catapultato senza troppo pensarci Buonanotte, Signor Lenin!.
Un altro viaggio favoloso in terre lontane. Un lungo viaggio via fiume alla scoperta di un mondo che cambia improvvisamente in maniera vorticosa, col partito comunista che si frantuma in mille pezzi e un paese intero che non sarà più quello di prima.
Terzani annota tutto, scrive un libro fantastico di appunti-riflessioni-storie, e scatta una serie di foto che da sole varrebberro l'acquisto del libro.
Io e Tiziano, dopo quest'estate, ci siamo salutati di nuovo, ma siamo ormai pronti ad un nuovo incontro.
Ogni volta che passo in libreria sono tentato, vorrei comprare gli ultimi suoi libri che tanto l'hanno reso famoso anche al grande pubblico (prima se lo filavano in pochi, purtroppo).
I libri che ha scritto prima di morire, insomma.
Quando il male incurabile che l'aveva colpito se lo stava portando via a poco a poco e lui aveva con grande serenità e lucidità accettato l'idea della morte, parlandone con amici, parenti, il figlio Folco, Jovanotti, per far capire a tutti la sua nuova visione del mondo e delle cose, attendendo quella chiamata che sarebbe arrivata il 28 luglio del 2004.
Ma perché questo lungo post su Tiziano Terzani, vi chiederete.
Perché su youtube ho trovato questo splendido video, nel quale Terzani parla un po' di tutto, con una saggezza infinita.
Un video bellissimo, che spero possa emozionarvi nello stesso modo in cui ha emozionato me.

Terzani

Se qualcuno mi chiedesse cos'è per me Tiziano Terzani, risponderei: "l'estate".
E se qualcuno a questa mia risposta mi dicesse: "Ma che cosa significa?", spiegherei col sorriso sulle labbra che Tiziano ha accompagnato con i suoi libri, i suoi racconti, i suoi spicchi di mondo trasportati su carta, le mie ultime 2 estati.
Iniziai nel 2005, con un Pelle di Leopardo acquistato all'ultimo secondo prima di partire per Palermo. C'erano le offerte della Tea, io ovviamente mi tuffai come un'ape sul miele - quando si tratta di risparmiare sui libri, mi trovate sempre disponibile.
Per farla breve, lo comprai e lo divorai in poco più di una settimana.
Lo portavo ogni giorno a mare e mi si bagnava sempre, ricordo, e mentre le pagine piano piano si si chiazzavano di gocce salate e la copertina rossa scoloriva, io capivo davvero qualcosa della guerra in Vietnam.
E' grazie ai racconti di Terzani che ho rivissuto e compreso sul serio la morte e la devastazione di quel conflitto. Ho visto il Vietnam e le sue macchie, la pelle di leopardo del titolo.
E, sempre grazie a lui,  mi sono anche innamorato della sua figura di reporter-narratore che osserva il mondo con sguardo originale e mai banale.
Appena chiuso il libro, una mattina a Palermo, ho preferito boicottare il mare e far finta di andare per negozi. In realtà cercavo una libreria ben fornita.
In realtà cercavo Terzani e le sue Storie.
In Asia, quindi, è stato un passo obbligato. Splendida raccolta di articolo che descrivono e parlano di quel continente meglio di tutti quei libri scritti da chi quella civiltà non l'ha mai vissuta per decenni sulla propria persona.
Terzani, che in Asia ci ha vissuto per gran parte della sua vita, aveva quella capacità - unica e affascinante - di raccontate con la stessa passione e curiosità piccoli e grandi avvenimenti, stravolgimenti politici ed episodi marginali di quelle terre che così poco conosciamo.
Poi io e Tiziano ci siamo salutati, per quasi un anno, e ci siamo rincontrati nell'estate del 2006, quando Un indovino mi disse ha riempito il mio luglio e nella borsa preparata all'ultimo minuto - direzione Sicilia orientale - ho catapultato senza troppo pensarci Buonanotte, Signor Lenin!.
Un altro viaggio favoloso in terre lontane. Un lungo viaggio via fiume alla scoperta di un mondo che cambia improvvisamente in maniera vorticosa, col partito comunista che si frantuma in mille pezzi e un paese intero che non sarà più quello di prima.
Terzani annota tutto, scrive un libro fantastico di appunti-riflessioni-storie, e scatta una serie di foto che da sole varrebberro l'acquisto del libro.
Io e Tiziano, dopo quest'estate, ci siamo salutati di nuovo, ma siamo ormai pronti ad un nuovo incontro.
Ogni volta che passo in libreria sono tentato, vorrei comprare gli ultimi suoi libri che tanto l'hanno reso famoso anche al grande pubblico (prima se lo filavano in pochi, purtroppo).
I libri che ha scritto prima di morire, insomma.
Quando il male incurabile che l'aveva colpito se lo stava portando via a poco a poco e lui aveva con grande serenità e lucidità accettato l'idea della morte, parlandone con amici, parenti, il figlio Folco, Jovanotti, per far capire a tutti la sua nuova visione del mondo e delle cose, attendendo quella chiamata che sarebbe arrivata il 28 luglio del 2004.
Ma perché questo lungo post su Tiziano Terzani, vi chiederete.
Perché su youtube ho trovato questo splendido video, nel quale Terzani parla un po' di tutto, con una saggezza infinita.
Un video bellissimo, che spero possa emozionarvi nello stesso modo in cui ha emozionato me.

lunedì 5 febbraio 2007

La statistica inutile

Io che le statistiche già non le sopporto, non posso che odiarle quando creano mostri come questo.
Roba che fa andare a nozze tutti gli articolisti più allupati dei quotidiani, quasi come una lettera di Veronica Lario a Silvio Berlusconi.
Ci sono i dati, c'è il sesso, c'è l'autorevolezza della fonte: un mix micidiale che può far andare in tilt le redazioni d'ogni giornale italiano che (non) si rispetti.
Quindi, secondo questa statistica, possiamo stare tranquilli. Le nostre connazionali sono le più vogliose di tutte: addirittura la media di più di un rapporto a settimana. Ellapeppa.
Ed il titolo di Ign coglie la palla al balzo, è quasi da film porno: "Sesso, italiane da record nel Vecchio continente".
Tutto molto bello. Vivo nella patria del sesso sfrenato e non me n'ero ancora accorto.
Alla prossima che non ci sta, allora, posso sempre chiedere di venire a letto con me per non fare abbassare la media nazionale.
Grande tattica, non avrò più problemi in futuro.
Un ringraziamento particolare - di cuore, davvero - a chi ha ideato questa fantastica - e utilissima - classifica.

(AdnKronos)

La statistica inutile

Io che le statistiche già non le sopporto, non posso che odiarle quando creano mostri come questo.
Roba che fa andare a nozze tutti gli articolisti più allupati dei quotidiani, quasi come una lettera di Veronica Lario a Silvio Berlusconi.
Ci sono i dati, c'è il sesso, c'è l'autorevolezza della fonte: un mix micidiale che può far andare in tilt le redazioni d'ogni giornale italiano che (non) si rispetti.
Quindi, secondo questa statistica, possiamo stare tranquilli. Le nostre connazionali sono le più vogliose di tutte: addirittura la media di più di un rapporto a settimana. Ellapeppa.
Ed il titolo di Ign coglie la palla al balzo, è quasi da film porno: "Sesso, italiane da record nel Vecchio continente".
Tutto molto bello. Vivo nella patria del sesso sfrenato e non me n'ero ancora accorto.
Alla prossima che non ci sta, allora, posso sempre chiedere di venire a letto con me per non fare abbassare la media nazionale.
Grande tattica, non avrò più problemi in futuro.
Un ringraziamento particolare - di cuore, davvero - a chi ha ideato questa fantastica - e utilissima - classifica.

(AdnKronos)