Se la pena di morte è ancora in vigore in 58 paesi, se tutti questi stati, al giorno d'oggi, ancora uccidono in nome della giustizia in modo così barbaro e indecente, mi rifiuto di pensare che il nostro possa definirsi un mondo civile.
Una nota positiva è data dal fatto che aumentano gli stati abolizionisti e scendono le esecuzioni, come conferma il Rapporto 2005 di Nessuno tocchi Caino. 5.476 condanne lo scorso anno: meno dell'anno precedente, ma sono sempre troppe.
Non ci sono differenze di cultura, di ordinamento sociale e politico o di democrazia: Cina, Iran, USA, Vietnam e tanti altri paesi continuano ad uccidere per i motivi più disparati e senza nessun rispetto per la vita umana.
Impiccagione, iniezioni letali, gas velenoso, sedia elettrica, fucilazione con plotone o con colpo alla nuca, ma anche lapidazione, decapitazione e crocifissione, senza risparmiare i minorenni (almeno 5 uccisi lo scorso anno). E' così che si uccide nella maggior parte di questi paesi. E se spesso si tratta di condanne per omicidio, alle volte, in alcuni stati, si può essere uccisi addirittura per consumo di droghe, rinnegamento pubblico della religione, evasione delle tasse e blasfemia.
Fa rabbia pensare che tutto ciò possa ancora accadere nel 2005, ed è triste e avvilente che nessuno riesca a porre fine, una volta per tutte, ad un metodo così primitivo e brutale di applicare la giustizia.
domenica 26 giugno 2005
Contro la pena di morte
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«Io chiedo come può l'uomo uccidere un suo fratello, eppure siamo a milioni in polvere qui nel vento», Auschwitz, Francesco Guccini.
RispondiEliminacerto, i numeri dicono che i paesi in cui vige la pena di morte diminuiscono di anno in anno (ma quest'anno solo 3 in meno, rispetto al 2004), e così anche le esecuzioni.
ma finché ci sarà anche una sola vittima in nome della "giustizia" o della "legge", realmente - come dici - non possiamo definire il nostro mondo "civile"