Sulle tracce di Roberto Baggio, il Divin Codino, il Pallone d’Oro, il Coniglio bagnato, il campione “non da record, traguardi, medaglie”, ma “una cosa più bella. Più alta dei podi, più indissolubile dell’oro”. Ripercorrendo la carriera di un giocatore unico nella storia del nostro calcio, Vanni Santoni e Matteo Salimbeni in “L’ascensione di Roberto Baggio” ci portano all’interno di un “lunghissimo corteo di ricordi che si intreccia alla vita di una nazione e ne diventa coscienza collettiva”.
Ed è così, davvero. Roberto Baggio, uno dei calciatori italiani più forti di tutti i tempi, porta subito alla mente ricordi che ci riguardano tutti, in un modo o nell’altro: anche se non siamo stati tifosi della Fiorentina, della Juve o del Brescia. Ricordiamo le sue prodezze, la sua andatura caracollante, i suoi gol impossibili. Ricordiamo i sui occhi piccoli, il suo sorrisetto sornione, le sue capigliature. E ricordiamo anche e soprattutto il suo rigore sbagliato a Usa ’94, che fa ancora male, come una spina sotto la pelle.
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