giovedì 24 gennaio 2008

American Gangster, di Ridley Scott




American Gangster è un bel film, in fondo.
È la storia di Frank Lucas (Denzel Washington), giovane boss di Harlem che tra la fine degli anni Sessanta e gli inizi dei Settanta monopolizzò il commercio di eroina a New York, bypassando gli intermediari e procurandosi la droga direttamente dal Vietnam, attraverso una serie di militari corrotti. Mentre scala rapidamente la vetta del narcotraffico americano, Richie Roberts (Russel Crowe), poliziotto integerrimo in un mare di poliziotti corrotti, si mette sulle sue tracce.
Sullo sfondo, la guerra del Vietnam, gli scontri razziali, la povertà del Bronx e di Harlem e la bella faccia della New York degli anni Settanta, quella più lucida e patinata.
Non ci sono grandi sbavature da parte del regista. Che però in queste storie di mafia e gangster non si muove a suo agio come Martin Scorsese, è evidente. E quindi pur regalando attimi di ottimo cinema, ogni tanto perde i colpi, sfilaccia un po’ troppo la storia, non approfondisce i caratteri di alcune importanti figure di contorno e viene riportato in carreggiata solo dalla ineccepibile interpretazione di Denzel Washington e da quella un po’ appesantita – ma sempre apprezzabile – di Russel Crowe.
Film lungo, forse troppo, ma non ci si annoia in sala. Le due figure sono ben tratteggiate e si contrappongono tra di loro quasi in maniera perfetta. Da una parte il boss di colore, dall’altro il poliziotto bianco. Da una parte il cattivo che ama la famiglia e si circonda di persone fidate, dall’altra l’uomo solo con una propria etica. Da una parte l’uomo sposato con una donna bellissima, dall’altra quello prossimo al divorzio, che cambia una donna al giorno ed è sul punto di perdere l’affidamento del figlio piccolo. Da una parte l’eleganza, dall’altra la rudezza.
Tra i due, è quasi un paradosso, si preferisce quasi sempre il gangster. Nonostante sia il re della droga, nonostante la sua Blu Magic (il nome dato alla sua eroina purissima) e nonostante il suo ruolo da cattivo. Impossibile non parteggiare per Denzel, sfido chiunque in sala.
Ci è piaciuto, comunque, American Gangster. E’ un film che appassiona e coinvolge, uno spettacolo che sa come non far addormentare lo spettatore. Però quando esci dalla sala ci pensi: pensi a tutti i gangster movie che l’hanno preceduto, e ti rendi conto che c’è qualcosa che non torna. Un prodotto lineare, elegante, ben congegnato: da sufficienza piena. Eppure, se paragonato a Scarface, a the Goodfellas o semplicemente a Carlito’s Way, non regge il confronto, nemmeno per un secondo.
Non resta nient’altro da fare, allora: non pensarci affatto, ricordare Alien, Duellanti e Blade Runner, e godersi comunque un buon film americano.


6 commenti:

  1. Io veramente ho parteggiato per Russel Crowe tutto il tempo ;-)

    Comunque sono d'accordo con il tuo giudizio.. e aggiungo che, per quel che mi riguarda, è l'elemento 'tratto da una storia vera' che lo fa alzare di livello (più guardavo, più la bocca mi si spalancava ad O)

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  2. Non ho visto il film, ma da quello che scrivi è interessante la parte del cattivo data (guarda caso) ad un uomo di colore e quella del buono ad uno bianco; e se in sala il pubblico patteggia per il gangster, forse si può leggere come il tentativo americano di affrancarsi da anni di lotte razziali e dicapovolgere gli stereotipi.
    Ma resta pur sempre un prodotto americano e perciò mi viene comunque da storcere il naso.


    Luisa

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  3. Mi è piaciuto molto e ho tifato tutto il tempo per il gangster con la faccia di Denzel e i modi di un lord.
    Mi è piaciuta l'interpretazione di Washington, meno Russel Crowe, e ho apprezzato la misura con cui le scene di violenza erano presentate.

    Marianna

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  4. Simichan, strano. Un debole per Russel?

    Luisa, è tratto da una storia vera, non ci sono tentativi americani di capovolgere gli stereotipi.

    Mari, lo so benissimo per chi hai tifato!!! :P
    Scene di violenza ben presentate, sì. Ma tutti quegli aghi? :)

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  5. Bhè, si sceglie di strumentalizzare ciò che si vuole. O no?Se nasce da una storia vera meglio ancora, così nessuno può dire:"hanno strumentalizzato".Un po' come fa un gornalista in un articolo: non può esprimere un'opinione diretta ma è lui che sceglie cosa virgolettare e cosa no.....
    Comunque lascia stare, ultimamente vedo complotti ovunque!O è troppa Filosofia (in particolar modo le varie letture in difesa di Socrate contro la sua condanna a morte) o è troppa diossina; da qui non si scappa!:-)

    Luisa

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