Che Colombo abbia lasciato la magistratura, è ormai notizia vecchia di qualche giorno. Ma tornare sull'intervista rilasciata dall'ex pm al Corriere della Sera mi pare necessario, per vari motivi.
Innanzitutto, per la caratura del personaggio: uno dei più validi magistrati italiani, che ha partecipato nel corso degli ultimi trent'anni ad inchieste quali la scoperta della Loggia P2, Mani Pulite, i processi Imi-Sir/Lodo Mondadori/Sme.
Poi, perché Gherardo Colombo lascia con amarezza, in punta di piedi, ma dicendo cose che lasciano riflettere molto sulla situazione del nostro paese: una su tutte, "La giustizia non può funzionare senza che esista prima una condivisione del fatto che debba funzionare".
Infine, perché nel rammarico con cui Colombo lascia, c'è comunque una speranza, un'ipotesi di cambiamente, ed è rivolta ai giovani.
Partire da lì, perché cambiare dall'interno è un'utopia, e far sì che il senso di giustizia sia avvertito e inculcato sin da ragazzi: "Voglio incontrare i giovani e spiegare loro il senso della giustizia". "Mi sono convinto che, affinché la giurisdizione funzioni, è necessario esista una condivisa cultura generale di rispetto delle regole". "In Italia quella tra cittadino e legalità è una relazione sofferta, la cultura di questo Paese di corporazioni è basata soprattutto su due categorie: furbizia e privilegio. A questo punto del mio percorso di vita, quello che voglio fare è invitare in particolare i giovani a riflettere sul senso della giustizia. E' una scelta del tutto personale, oggi mi sento più adatto a questo impegno che a quello di giudice".
Speriamo che, oltre ai giovani, sulla giustizia e sulla cultura della giustizia inizino a rifletterci tutti: dal magistrato allo spazzino, dal politico all'uomo comune.
Son piccole cose, ma significative, mi pare.
Innanzitutto, per la caratura del personaggio: uno dei più validi magistrati italiani, che ha partecipato nel corso degli ultimi trent'anni ad inchieste quali la scoperta della Loggia P2, Mani Pulite, i processi Imi-Sir/Lodo Mondadori/Sme.
Poi, perché Gherardo Colombo lascia con amarezza, in punta di piedi, ma dicendo cose che lasciano riflettere molto sulla situazione del nostro paese: una su tutte, "La giustizia non può funzionare senza che esista prima una condivisione del fatto che debba funzionare".
Infine, perché nel rammarico con cui Colombo lascia, c'è comunque una speranza, un'ipotesi di cambiamente, ed è rivolta ai giovani.
Partire da lì, perché cambiare dall'interno è un'utopia, e far sì che il senso di giustizia sia avvertito e inculcato sin da ragazzi: "Voglio incontrare i giovani e spiegare loro il senso della giustizia". "Mi sono convinto che, affinché la giurisdizione funzioni, è necessario esista una condivisa cultura generale di rispetto delle regole". "In Italia quella tra cittadino e legalità è una relazione sofferta, la cultura di questo Paese di corporazioni è basata soprattutto su due categorie: furbizia e privilegio. A questo punto del mio percorso di vita, quello che voglio fare è invitare in particolare i giovani a riflettere sul senso della giustizia. E' una scelta del tutto personale, oggi mi sento più adatto a questo impegno che a quello di giudice".
Speriamo che, oltre ai giovani, sulla giustizia e sulla cultura della giustizia inizino a rifletterci tutti: dal magistrato allo spazzino, dal politico all'uomo comune.
Son piccole cose, ma significative, mi pare.
(Corriere)
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