sabato 15 ottobre 2005

L'Iraq al voto per la nuova Costituzione

Oggi 15 milioni e mezzo di iracheni saranno chiamati al voto, per accettare o meno la nuova Costituzione.


Presentata come tassello fondamentale per la costruzione della democrazia nel paese sempre più devastato dalla guerra, rappresenta in realtà il tentativo surreale ed inutile, da parte degli USA,  di dimostrare all’opinione pubblica internazionale che in Iraq tutto va per il meglio e si prosegue a rapidi passi verso una normalità politica, economica e sociale.


Sappiamo tutti che non è vero. Non si può considerare normale un referendum “blindato”, che si svolge nel momento in cui l’Iraq appare ancora un paese allo sbando, con decine di morti ogni giorno e scontri violenti su gran parte del territorio. Non è un passo verso la democrazia una votazione sotto minacce e pressioni, con seggi allestiti in zone dove si continua a sparare e spargere sangue. Non si può guardare con ottimismo una simile situazione, con migliaia di poliziotti e soldati a difendere i seggi, possibili attentati ed il coprifuoco per tre giorni.


C’è chi parla di un buon esercizio di democrazia, ma secondo noi mancano le basi concrete per poter votare. Come si può manifestare la propria opinione serenamente, mentre fuori ancora imperversa la battaglia? Manca ancora la pace, la stabilità politica ed economica, nel paese ancora regna il caos e l’occupazione statunitense è sempre più malvista dalla popolazione.


Il modello di democrazia auspicato ed esportato dagli USA sembra ancora molto lontano. Gli attentati, le autobombe, i rapimenti, la guerriglia, migliaia di morti iracheni, centinaia di civili uccisi ogni giorno, sono lì a testimoniarlo.
Prima la pace, la tranquillità, l’equilibrio politico e sociale, il ritiro delle truppe, la chiarezza sulle posizioni americane e i suoi interessi sul paese, e solo in un secondo momento il tentativo di costruirci sopra la Costituzione, il Parlamento, le basi della democrazia, insomma. Questa è l'unica soluzione auspicabile. Un passo alla volta, senza illusioni e prese in giro nei loro e nei nostri confronti.




 



(Corriere)

2 commenti:

  1. Il direttore del Foglio ti risponde così:

    "Le primarie del centrosinistra, infatti, confermeranno la leadership di un uomo politico che, se fosse al governo, avvierebbe subito le procedure di ritiro dall’Iraq delle truppe italiane, le stesse truppe italiane che questa mattina – mentre i centrosinistri gonfiano i palloncini e srotolano gli striscioni davanti ai finti seggi delle primarie – difendono fisicamente i cittadini di Nassiriyah che corrono verso i seggi veri del referendum, sfidando i kamikaze e scommettendo sul proprio futuro.
    Piero Fassino, all’ultimo Congresso dei Ds, ebbe l’accortezza di ricordare al popolo della sinistra che i veri resistenti ovviamente non erano i nostalgici del dittatore e gli amici di Osama, cosa che gran parte del popolo della sinistra continua a credere nonostante le carneficine e le stragi, ma quegli otto milioni di iracheni che sono andati a votare per la prima volta nella loro vita grazie all’invasione anglo-americana che ha destituito il loro trentennale torturatore. Quelle parole di Fassino sono rimaste lì, inascoltate. E oggi, dopo che a quei resistenti fassiniani si sono aggiunti anche i sunniti che il 30 gennaio non avevano partecipato al processo democratico, non si trova nessuno che abbia tempo, impegno e decenza per incoraggiare lo straordinario successo che gli iracheni – grazie agli americani, agli alleati e all’Onu – sono riusciti a ottenere. Anzi si serrano le file, si continua a invocare il disastro e si promette agli iracheni che non vediamo l’ora di lasciarli soli e a mani nude contro i loro carcerieri."

    RispondiElimina
  2. Risposta che leggo volentieri, e che mi permette di riflettere in maniera più ampia e completa sulla vicenda.
    Si tratta di punti di vista diversi sull'argomento. Grazie della segnalazione.

    RispondiElimina