Iran, 22 luglio 2005: quando essere gay è un reato punibile con la morte.
Due omosessuali sono stati impiccati in pubblico dopo essere stati accusati di sodomia, rapina e disturbo della quiete pubblica. Uno dei due era minorenne.
Hanno trovato la morte dopo 14 mesi di carcere e più di 200 frustate. Uccisi da una giustizia primitiva e medievale, all'interno di uno stato che ignora le più basilari norme per il rispetto dei diritti umani. La sequenza di foto sul sito de "la Repubblica" è a dir poco agghiacciante.
Non è la prima volta che mettiamo in risalto la situazione ancora intollerabile presente ancora in molti paesi che attuano la pena di morte anche per i reati più comuni ed elementari.
E non ci stancheremo mai di gridare il nostro disappunto, di manifestare il nostro sdegno verso la politica ed il governo di questo barbaro paeso. Barbaro, si. Perchè uno stato che permette l'uccisione di due ragazzi con l'accusa di essere omosessuali non può che definirsi in altro modo. Un paese incivile, al quale sarebbe fondamentale impedire di compiere simili atti, ma che invece non solo continua tranquillamente ad ammazzare ed impiccare pubblicamente poveri diciottenni, ma che ora, con l'atomica, continua a presentarsi come uno stato con il quale il polo euro-americano è obbligato ad aprire un dialogo costruttivo ed efficace nel tentativo di evitare nuovi pegni da pagare per la sicurezza internazionale.
sabato 23 luglio 2005
Gay giustiziati in Iran
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